25
giugno 2002
di
Claudio d’Aquino
E’ legittimo, pienamente legittimo il filo di commozione che si sente vibrare nelle parole scandite dal presidente della Regione Campania Antonio Bassolino e del direttore dell’Accademia del Mediterraneo Michele Capasso nella bella, prestigiosa e tuttavia sobria ed essenziale sede che l’architetto e presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo si è impegnato a consegnare, a proprie spese, in piena funzionalità entro il mese di giugno. «Ce l’abbiamo fatta», ripete tra sè Capasso al battesimo della creatura che nasce da una sua lontana intuizione e che oggi è la Casa del Mediterraneo. A partire dalle 11 di sabato 22 giugno, una data che può considerarsi storica per la vita della Regione Campania, quel che era stato promesso è divenuto realtà: la Campania ha una sede che potrà svolgere, in proporzione, ruoli e funzioni che le grandi nazioni hanno affidato a organizzazioni come l’Onu. L’architetto ha ristrutturato e bonificato alcuni ambienti tra i locali messi a disposizione dall’ente di Santa Lucia e ha dato loro dignità di sede «diplomatica». Lungo i corridoi in cui si snoda la sede di via Depretis, in locali dell’ex hotel Londra lasciati per troppo tempo all’abbandono e alla fatiscenza, ogni Paese che si affaccia sulle sponde del «mare nostro» ha una propria stanza, un tavolo di lavoro, i servizi telematici essenziali per parlare con i rappresentanti diplomatici in Italia e nel proprio Paese, raccogliere opinioni sulle principali questioni aperte lungo le sponde e metterle in rete. «E’ con grande piacere - afferma Bassolino - che dichiaro aperta la sede centrale dell’Accademia del Mediterraneo e Maison de la Méditerranée...».
Un
organismo che nasce per non lasciare la globalizzazione a se stessa, ma per
tentare - in una sorta di forum permanente tra i Paesi rivieraschi, in contatto
diretto con le istituzioni europee - di imbrigliarla positivamente in regole e
criteri condivisi. «Ora questo impegno è divenuto realtà - dice il presidente -
grazie all’intenso lavoro della Fondazione Laboratorio Mediterraneo che sin dal
1994 (box nella pagina seguente, in basso) aveva individuato nel dialogo tra
culture e civiltà lo strumento essenziale per promuovere pace e progresso nel
bacino mediterraneo». Gli fa seguito Capasso che richiama l’invito del
presidente dell’Unione europea Romano Prodi (messaggio a destra) di «accomunare
nazioni diverse per tradizioni, cultura e storia» come prossima sfida che
attende l’Europa. Prende la parola il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino:
«La città ha interesse e prova ammirazione - afferma - per quanto sta accadendo
e accadrà fra queste mura. Qui dovremo mettere a frutto l’insegnamento
fondamentale della civiltà mediterranea, perché non c’è luogo al mondo dove sia
più ricca la convivenza e del confronto tra culture diverse. Possiamo dire che,
con l’inaugurazione ufficiale della sede che interpreta la volontà di pace
della gente napoletana, un sogno è diventato realtà». Un sogno in cui anche
Predrag Matvejevic, l’intellettuale che oggi più di ogni altro incarna la
ricerca di una cultura comune del Mediterraneo, compagno di strada di Capasso
dalla prima ora, talvolta ha stentato a credere: «Se vuole l’Europa può
riprendere il suo cammino - dice - dalla sua culla. Almeno per un giorno,
grazie a Capasso, abbiamo sovvertito un’equazione che vuole il Mediterraneo
antropologicamente pieno della identità dell’essere e molto debole sul versante
dell’identità del fare. Oggi la Casa mediterranea esiste proprio grazie alla
identità del fare che, per una volta, afferma le sue prerogative». E continua,
ricordando quello che non smette mai di ripetere in ogni occasione utile. Che
una cosa è l’Islam e un’altra è l’Islamismo. Che una cosa è l’Islamismo e
un’altra, ben diversa, è il fondamentalismo islamico. Che, anzi, esiste un
fondamentalismo mistico e un fondamentalismo militante, «quest’ultimo vera
piaga non solo dell’Occidente, ma per le stesse comunità arabe e non che
soffrono le conseguenze del fanatismo e il terrorismo».
Prende
poi la parola l’ex rettore dell’Università di Bologna Fabio Roversi Monaco, e parla dei progetti di Almamed, programma
che riunisce le Università del Mediterraneo (pagina 35). «Abbiamo intenzione -
dice - di realizzare l’Enciclopedia del Mediterraneo da tradurre in tutte le
lingue e un’opera dedicata alla scienza araba».
Dieci
anni
Accanto
a lui e a Matvejevic, siede un altro sodale di Capasso da lunghi anni: Claudio
Azzolini, già parlamentare europeo, oggi vice presidente del Consiglio d’Europa
e deputato al Parlamento italiano di Forza Italia, presidente di Europa
Mediterranea. Anche lui si è battuto negli ultimi dieci anni perché il progetto
della Casa del Mediterraneo divenisse realtà. «Credo - dice - che mettendo in
campo gli ideali e non le ideologie, troveremo argomenti da condividere, e
certamente la capacità di confrontarci e realizzare progetti. Sono
dell’opinione che Napoli resta la sede più appropriata per questa istituzione,
una grande città di cultura europea e, come dice il commissario europeo Mario
Monti, di respiro mediterraneo». Un sogno ad occhi aperti, conclude Azzolini.
Sogno al quale Antonio Maccanico, già ministro delle Riforme istituzionali oggi
deputato della Margherita eletto in Campania, promotore della legge nazionale
che ha dato ossigeno a istituzioni come la Maison, ha contribuito in maniera
determinante. Un impegno e un lavoro campano che diventano sempre di più «mediterranei», come
dimostrano interventi e consegna delle bandiere da parte degli ambasciatori e
ministri di Egitto, Tunisia, Cipro e di Marocco. E il segretario generale della
Maison Mohammed Aziza, impegnato a Marrakech per le attività della sede Sud,
afferma: «Da oggi è davvero possibile costruire e progresso condiviso».