Il Messaggero

10/03/2002

Il presidente della Commissione Ue bacchetta il Senatùr: «L’Europa dei popoli esiste, non si può prescindere dal ruolo delle Regioni. Bene Berlusconi-Schroeder»
Prodi a Bossi: l’euro è politica, non banca
Fassino: Umberto non va preso sul serio? Berlusconi lo sostituisca. Fini: basta, polemica pretestuosa

di PAOLA OREFICE

ROMA - «Non mi faccio interprete del pensiero altrui». Già, Romano Prodi pare non voler polemizzare con Umberto Bossi, o meglio con le sue affermazioni antieuropeiste (una Ue «fascista» e «stalinista»). Eppure il presidente della Commissione europea dice che «questa è un’Europa dei popoli», contestando di fatto al leader della Lega le sue stesse accuse (aveva detto anche che l’Ue è «statalista»). Spiega Prodi: «Lo stesso euro, che qualcuno potrebbe scambiare come un fatto puramente economico, è invece uno strumento di integrazione politica straordinario come mai avvenuto prima nella storia europea». Altra frecciata a Bossi: «Chi non capisce che l’euro è politica e non banca, vuol dire che non ha capito ancora nulla». Comunque Prodi giudica «positivo» e «ben gradito» l’incontro tra Berlusconi e Schroeder.
Prosegue così la polemica con il ministro delle Riforme, Bossi, e la Lega. Tanto più che in un intervento sul "Corriere della Sera" il ministro della Giustizia, il leghista Roberto Castelli, rilancia. Insiste nell’accusare l’Ue di essere composta di tecnocrati, giudicandola antidemocratica. Insomma la definisce un «super-Stato europeo che ha le sue leggi ancora prima della Convenzione». E a leggere queste parole sembrano apparire un po’ stonate le affermazioni di Silvio Berlusconi che sosteneva, ancora l’altro ieri al vertice bilaterale italo-tedesco con il cancelliere Schroeder, «Umberto è un convinto europeista». Affermazioni che hanno fatto dire al cancelliere: «Bossi non va preso sul serio, come mi ha detto Berlusconi».
Insiste Prodi, pur non nominando mai Bossi (il riferimento è palese): «Il dialogo istituzionale in Europa non può che passare per gli Stati, in questo ambito il ruolo delle Regioni è importantissimo proprio grazie al principio di sussidiarietà». Una sussidiarietà «in cui trovino posto tutte le decisioni dei cittadini».
Anche Piero Fassino è critico. Il segretario dei Ds pensa che se davvero Bossi non è da prendere sul serio allora «bisognerebbe revocargli l’incarico di ministro». Quindi rilancia la richiesta di un intervento del presidente del Consiglio in aula: «Se invece le cose che dice vanno prese sul serio Berlusconi ha il dovere di un chiarimento politico in Parlamento sulla linea che l’Italia intende seguire in Europa». Replica Gianfranco Fini: «Il caso Bossi è chiuso. Invito l’onorevole Fassino a girare pagina». E ancora il vicepresidente del Consiglio: «Il presidente Berlusconi ha chiarito che l’europeismo dell’Italia non è in discussione il premier tedesco Schroeder ha detto che le dichiarazioni di Bossi non lo preoccupano. Sarebbe meglio che la sinistra italiana smettesse con questa polemica che è del tutto pretestuosa». A supporto di quanto detto da Berlusconi c’è il voto della Lega in commissione Esteri alla Camera. Lo ricorda il presidente Gustavo Selva: «Il Trattato di Nizza è stato recentemente approvato nella commissione Esteri anche con i voti dei leghisti».
Continuano le polemiche. A Bossi risponde anche il Commissario Ue alla Concorrenza, Mario Monti: «L’Unione europea ha portato e potrà portare all’Italia dosi maggiori di libertà e non di restrizione. L’Ue è una creatura perfettibile, ma frutto di un’impostazione liberale». Puntualizza ancora Monti: «La burocrazia è sempre troppa, soprattutto se fa un lavoro inutile o lo fa male». Ma poi dice: «I dipendenti della Commissione europea, che ha giurisdizione su 380 milioni di cittadini, sono un numero inferiore a quelli di una media città come Rotterdam e inoltre un terzo di questi sono legati a funzioni linguistiche». Sostiene il governatore del Veneto, Giancarlo Galan: «Bossi è un ministro colorito». Affermazione non sufficiente per l’ex capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro: «Noi siamo molto legati nostra alla bandiera e per questo avremmo preferito che qualcuno che non ne conosce nè il rispetto nè la dignità, ministro non lo fosse mai».