DRISS CHRAIBI

 

Occidente estremo

 

Avrei voluto rivolgermi a voi in italiano, ma sono troppo vecchio per imparare questa lingua. Trovo che questo tema, le «voci dal Mediterraneo», sia veramente straordinario.

Di solito parlo a braccio, ma per 1'occasione ho preparato un breve testo. Sia ben chiaro: non mi occupo di politica, né me ne interesso. Però amo il mio paese che in Europa è chiamato «Marocco» e che noi, dall'altra sponda del Mediterraneo, chiamiamo «Al Maghreb al-aqsa», l'Occidente estremo.

Sono un uomo tanto curioso quanto l'ispettore Ali, il mio personaggio-feticcio. Mi capita spesso di porre una semplice domanda di identità ai cittadini dei paesi vicini al mio. Risposte a scelta: «Sono arabo», «Islamico», «Anti-islamico», ecc... Ma interrogate un borghese dì Fès, un contadino della pianura Doukkala, un berbero del Souss, un montanaro del Rif, un ebreo come il signor Azoulay, il consigliere del re, o ancora lo scrittore Edmond Amran EI-Maleh e vi risponderanno senza ombra di dubbio: «Io sono marocchino». E interrogate me. II Marocco è il mio sogno ad occhi aperti, le mie viscere, la mia casa. Si può rinunciare a tutto, salvo che all'infanzia. Il percorso che ci porta verso lo spazio affettivo si unisce a quello del tempo.

Lo spazio. Nel Moyen-Atlas, a poca distanza dalla città di Khouribga, una strada stretta, scoscesa e costituita per lo più da corde conduce verso la montagna. Il djebel Roumyat culmina a circa duemila metri d'altezza. Ma prima di vederlo, a due o tre chilometri, sentite un temporale continuo, assordante. Tuttavia, non c'è alcuna nuvola sopra la vostra testa. E ciò che vedete subito dopo e che sentite sempre più forte precipitare come una cascata vi priverà della vista e dell'intelletto per portarvi immediatamente verso l'alba della creazione del mondo. Il djebel calcareo e nudo, senza nemmeno un albero né un arbusto, salvo qualche cespuglio di bosso da cui fuoriescono delle rocce come fossero proiettili: di roccia in roccia, i mufloni si inseguono a balzi nei loro giochi amorosi. A sinistra, al di là del burrone, un pitone con un solo uovo bianco, grande come un melone, che tra qualche stagione diventerà un avvoltoio degli agnelli e riempirà, con le sue ali spiegate, il cielo: l'oro, l'ocra, l'ametista e la terra di Siena del sole che sorge; e in fondo alla scogliera, in verticale, l'abisso dalle mille voci. Lungo la montagna in fibrillazione sgorga il suo seme forte e abbondante: i quaranta affluenti dell'Oum-Er-Bia. Qui, nessuna traccia di inquinamento, nessun segno di razionalizzazioni. Ci si sente rinascere, sbarazzati della ganga della civiltà tecnologica e disumanizzante. La prima alba è qui, tangibile, come se fosse ancora tutto da scoprire. E da amare.

È qui che con un po' di immaginazione ho visto  l’emiro Oqba Ibn Nafi al comando dei cavalieri di Allah, nel 680 dell'era cristiana - lo stesso momento in cui i credenti si massacravano a Kerbala, in nome della nuova religione di tolleranza. Oqba Ibn Nafi aveva girato le spalle all'Oriente e voleva fondare un'altra comunità. Era scientificamente persuaso che un giorno il sole sarebbe sorto a ovest, in Occidente. Attraversati gli altipiani, le vallate e le pianure, ecco l'estuario del fiume Oum-Er-Bia, a Azemmour, proprio là dove, nel 680, Oqba Ibn Nafi era giunto «alla fine del mondo». Là l'Oceano Atlantico tossisce come un vecchio perplesso davanti all'immensità della vita. Da Azmmour a El-Jadida, la rada mi prende alla gola tutte le volte che la costeggio tra le frange di schiuma. La sua presenza si fa carnale per una distanza di dodici chilometri: dall'estuario fino ai bastioni ocra del vecchio castello, sento la sua voce che mi interroga dal fondo della mia lontanissima infanzia. Quel monello che si tuffa nelle acque del porto, sono io? Ed è possibile abbandonare il proprio paese in nome di un'altra civiltà e in nome della letteratura per poi farvi ritorno molto tempo dopo come se non fosse successo niente durante la propria assenza? Dall'orizzonte glauco come gli occhi di Afrodite, sale dondolandosi potentemente un'onda. E si infrange. Poi un'altra onda spiega le sue vele , raggiunge la prima e la ricopre. E un'altra ancora. Ognuna di queste onde aggiunge la propria vita alla vita. Hanno tutte la stessa voce, ripetono tutte la stessa parola: pace, pace, pace... E risento questa voce, molteplice ma simile, come se fosse quella degli uomini di un tempo. Di tutti i nostri antenati. Come se fossero vivi.

El Jadida. È all'ora del lattaio che amo di più la mia città natale, popolata unicamente, ancora per qualche istante, da coloro che si alzano presto per necessità: netturbini. pescatori, venditori di frittelle, devoti, ortolani, guardiani dei forni pubblici. Uno dopo l’altro mi augurano una giornata luminosa, mentre deambulo per la strada e le stradine. Entrate con me, vi prego, nella vecchi città portoghese dove il passalo è stato restaurato nei minimi dettagli. In quest'arca non più grande di una piazza pubblica, si trovano una di fianco all'altra una moschea, una chiesa e una sinagoga. Cos'è, dunque, l'islamismo? Questo vocabolo non compare nei nostri dizionari. Ne ho appreso l'esistenza attraverso i media europei.

Tangeri: all'incrocio dei due mari, alla frontiera tra l'Africa e l'Europa. È da questa città che nel 711 si è imbarcato Tariq Bnou Ziyyad con qualche centinaia di sostenitori per la conquista della Spagna. Era un marocchino. Il suo sogno lolle si è realizzalo per secoli: l'Andalusia multietnica e multiconfessionale, una società aperta, fiorente nelle arti e nelle scienze, che raggiunse un tale grado di perfezione che la maggior parte dei musulmani attuali ricorda, attraverso la memoria collettiva, quel periodo come la nostra età dell'oro. Sono un discendente di quegli andalusi. Ho ereditato da loro la mia prima cultura. E permettetemi di dirvi che uno dei miei figli si chiama Tariq.

Il Sahara. Avete mai sentito il deserto cantare? È proprio così: alla nascita del giorno, per qualche istante, canta. È una nota luminosa che riveste i corpi di una nota musicale. Se la si sente, si esce dalla propria pelle.

 

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Nel corso di un'inchiesta in Inghilterra, l'ispettore Ali, questo personaggio stravagante che mi somiglia come un fratello, conosce una giovane compatriota che lavora in un grande albergo londinese. La ragazza non ha dimenticato la lingua materna, ma ha un delizioso accento britannico. L'ispettore ne conclude che si tratta di un'immigrata di lunga data. Non fa alcuna domanda. Nemmeno una. Si accontenta di parlare della sua città natale, così come l'aveva vista dieci o quindici anni prima, ma si guarda bene dal riferire del progresso economico che aveva modernizzato, stravolto la città, così come quasi tutte quelle del Marocco: avevano addirittura asfaltato la vecchia città di Fès... Infine, si fa un doppio nodo alla lingua per non menzionare le marocchine di fine secolo: esperte di comunicazione, tisiche, avvocatesse, dottoresse, architette, biologhe, programmatrici. L'ispettore Ali parlava a mio nome? Certamente! Non bisogna far inasprire la nostalgia! Lasciamo il «velo islamico» agli schematizzatori della CNN. I voli di ragazzi e ragazze che si dirigono al mattino presto verso il loro edificio scolastico mi ringiovaniscono.

 

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Stavo tornando dagli Stati Uniti d'America, questo paese democratico e politicamente corretto. È impossibile guardare una ragazza carina senza essere subito accusati di molestie sessuali. E questo mi è successo spesso. È impossibile accendersi una sigaretta, persino a bordo dell'aereo. Arrivato all'aeroporto Mohammed V a Casablanca, ho visto un poliziotto davanti alla porta dell'aerostazione che fumava tranquillamente. L'ho abbracciato e abbiamo fumato insieme un intero pacchetto.

 

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La creatrice dei miei giorni è morta recentemente. Un bel giorno, ha fatto il suo riposino quotidiano e non si è più risvegliata. Ha avuto una vita felice, ha vissuto fino a ottantacinque anni. E non è mai passata per la testa dei suoi discendenti l'idea di metterla in una casa di riposo per anziani, questa specie di mortorio. Da noi, in tutte le classi sociali, persiste la tradizione: ci si deve fare carico di coloro che ci hanno dato la vita fino alla fine dei loro giorni. È questo essere all'antica?