“SECOLO XIX”

22 maggio 1996

 

L’intellettuale tra dubbio e impegno

 

La filosofia è necessaria all’uomo, come educazione ala giudizio e al tempo stesso come strumento di orientamento civile. Questo è lo spirito con cui è stato inaugurato ieri mattina a Genova a Palazzo Ducale nel salone del Maggio Consiglio in convegno internazionale “I compiti degli intellettuali nell’Europa di oggi”, che per due giorni vede a confronto studiosi da tutto il mondo impegnati a discutere su temi in questi anni particolarmente “brucianti” e urgenti di riflessione. Il convegno è strutturato in quattro sezioni: ieri si è discusso sul rapporto tra intellettuale e verità e tra intellettuale e cultura europea; stamattina le relazioni si concentreranno sull’intellettuale e la storia, oggi pomeriggio i lavori riprenderanno sul tema “clou” del convegno, l’intellettuale sviscerato nei suoi rapporti con il Potere. Alle 18:30 comincerà la tavola rotonda conclusiva con la partecipazione di Remo Modei, Tomas Maldonado, Mariano Maresca e l’olandese Jan Stern Weiland.

La domanda che aleggia nell’aria dalla notte dei tempi è sempre la stessa: quale è (quale dovrebbe essere) il ruolo dell’intellettuale in relazione al mondo, alla società, alla politica? Gramsci ha già risposto, non tutti hanno raccolto.

“Ristabilire l’equilibrio, questo è il compito degli intellettuali europei”, ha detto ieri Michele Capasso, presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo promotrice del convegno. “Senza la filosofia non si può formare una vera classe dirigente”, lo aveva preceduto Gerardo Marotta, Presidente dell’Istituto per gli Studi Filosofici di Napoli.

“Gli intellettuali occidentali hanno perso il coraggio dell’opposizione, da loro non giunge nessun gesto di “dissidenza” al regime – sottolinea Luciano Matusa direttore del Dipartimento di filosofia dell’Università di Genova – di fronte ai massacri dell’ex Jugoslavia non c’è stata nessuna reazione di soprassalto, nessuna condanna, come se fosse un evento ineluttabile. Nessuno ha provato a indicare una via di uscita, nessuno si è fatto carico di questo compito civile. Ma compito dell’intellettuale, sostiene Xavier De Ventos dell’università di Barcellona, è anche creare un nuovo linguaggio, intessuto di parole che non si limitino a descrivere le cose ma le lascino parlare. E continua: “E’ curioso vedere che rispetto agli anni Sessanta, quando gli intellettuali lanciavano proposte meravigliose, proprio oggi che le cose cominciano a muoversi tutti tacciono, oppure preferiscono parlare dei pericoli del secolo. Bisogna ritrovare un atteggiamento caratteristico del pensiero classico, riassumibile in una frase ‘La cera conosce meglio del bronzo’, l’importanza cioè dell’autoplasmabilità, che è anche rispetto della verità, capacità di contenimento”.

Le disponibilità al “viaggio” e la disponibilità al “dubbio” sono i due tratti dominanti dell’intellettuale europeo secondo Pierre Mertens, dell’università di Bruxelles, che parla della difficile categoria dell’ “impegno” attraverso le figure di grandi scrittori, Flaubert, Proust, Kundera: “Prendiamo ad esempio Kafka, un intellettuale per diverse ragioni, etniche e linguistiche, totalmente solitario e isolato. Lo stesso giorno in cui la Germania entra in guerra, lui annota: “Oggi pomeriggio vado in piscina”, ma è lo stesso uomo che ha scritto “Il processo”, “Il castello” e che nella prefigurazione del potere è stato ancora più profetico di Orwell”.

Ma il tramonto della Verità, ha detto Emanuele Severino, è anche alla base dell’attuale dominazione della tecnica, fraintesa sia dagli intellettuali di “destra” che di “sinistra”: “I primi enfatizzano l’efficienza della tecnica dimenticando o ignorando il passato, come un navigatore che vuole andare al largo e si dimentica dove è la terra e come tale è destinato al naufragio. I secondi si illudono invece che l’individuo sia in grado di controllare lo strumento scientifico e tecnologico. Al termine di tutto questo ci attenderebbe il Paradiso della tecnica, già previsto da Keynes, ma sarebbe un Paradiso insicuro perché la verità è tramontata nella storia di Europa, e forse il futuro sarà il tempo in cui ci si rivolgerà alla Verità in un senso diverso, un avvicinamento corale in cui è ormai assente l’individualit”.