L’altra metà dell’Islam tra cinema e letteratura
Per
l’antropologa Amalia Signorelli, la questione del “rispetto delle culture” è
solo “una formula vaga e rituale, presuntuosa e paternalistica, per metterci a
posto la coscienza, ma in realtà impraticabile: se non costruendo ghetti non comunicanti tra loro”. Colpita dal
problema dell’infibulazione, “strumento di asservimento di persone che
costituiscono, in molti paesi del mondo, forza lavoro gratuita e a bassissimo
prezzo”, Signorelli lancia allora una proposta per uscire dall’ipocrisia:
“Perché non dire finalmente rispettiamo le persone, anziché le
culture?” Si dice d’accordo Sirad Hassan, attenta, come psicologa, “al
punto di vista di ogni singola donna”. E sembra rilanciare questi assunti anche
il fitto programma di “Marzo Donna ‘97”, in corso fino al 24 marzo: promosso
dall’assessore alla Dignità del Comune di Napoli Maria Fortuna Incostante, si è
aperto nei giorni scorsi proprio con un affollato dibattito con la scrittrice
somala, organizzato con l’associazione Arci Donna, Università e Forum Native
Migranti.Ieri e oggi, altri due appuntamenti per un confronto sui temi della
differenza sessuale, della diversità culturale e della visibilità femminile.
Dopo un dibattito su “Le donne nell’Islam”, nell’ambito della rassegna
cinematografica sulle donne nel cinema arabo ( fino a domani), oggi alle ore
16.30, presso il Teatro Nuovo, “ Incontro tra letteratura e cinema arabo dalla
parte delle donne”:dibattito coordinato da Titta Fiore con Isabella Camera
D’Afflitto, Goffredo Fofi, Anna di Martino, Michele Capasso e il regista
Ferid Boughedir.