“Osservatorio Mediterraneo”

 

26 aprile – 2 maggio 1997

 

 

Se vi piace il mare venite a Torino

 

 

di Michele Capasso

 

Venerdì 18 aprile 1997. dopo Malta volo verso Torino. La Fondazione collabora, insieme ad altre istituzioni, all’ottava edizione della Biennale dei Giovani artisti dell’Europa e del Mediterraneo. Con alcuni membri della Fondazione, aderendo al Comitato Scientifico della Biennale, abbiamo tracciato le linee guida culturali dell’evento e contribuito all’elaborazione della “lettera ai giovani artisti”. Questo messaggio appare su striscioni, manifesti, cataloghi: insieme a centinaia, migliaia di “acciughe”. L’acciuga è il “logo” della Biennale: mostre d’arte, cinema, gastronomia, spettacoli, convegni che hanno trasformato Torino in una “città di mare” e stimolato la città, la provincia e la regione Piemonte a lanciare l’accattivante invito con il quale ho voluto titolare questa puntata dell’osservatorio.

Seicento artisti di 20 nazionalità, dai 18 ai 35 anni, selezionati da oltre 200 commissioni, espongono in 15 sezioni il meglio che la creatività giovanile mediterranea sappia esprimere attraverso l’architettura, il cinema, il design, la fotografia, la grafica, la moda, la gastronomia, la scrittura, la musica, la danza e via dicendo. Assenti gli artisti napoletani: ancora una volta questa città non è presente ad un appuntamento di straordinaria importanza legato ai giovani, alla creatività, al Mediterraneo.

Nata a Barcellona nel 1985, la manifestazione giunge a Torino dopo essere stata accolta per due edizioni dal capoluogo catalano e poi da Salonicco, Bologna, Marsiglia, Valencia e Lisbona. Qualità, innovazione e ricerca sono stati i principali criteri di selezione dei partecipanti. L’edizione torinese della Biennale è stata altresì l’occasione per realizzare due significativi progetti di recupero e riqualificazione urbana: la Cavallerizza e la Casa per gli artisti. Oltre 5000 metri quadrati, a due passi dal Palazzo Reale e dal Duomo incendiato, sono stati restituiti ad un uso pubblico nel prestigioso complesso dell’antica “zona di comando” della seicentesca Cavallerizza Reale, alle spalle del Teatro Regio.

Personalmente spero che la Biennale possa contribuire alla realizzazione di un progetto più ambizioso: la creazione di una diffusa sensibilità tra le istituzioni culturali pubbliche e private e le forze economiche nei confronti della produzione culturale giovanile e più in generale delle politiche private a favore dei giovani. Torino in questo senso si candida come sede permanente di un centro di documentazione e promozione dei giovani artisti del Mediterraneo: strumento indispensabile per lo sviluppo del dialogo interculturale e, di conseguenza, della pace.

Sabato 29 aprile,ore 10. partecipiamo al seminario internazionale “Questo Mediterraneo. Passaggi e resistenze al futuro nella parte di mondo in cui viviamo”. Il Mediterraneo, unito nell’immaginario e nella creatività dei tanti giovani presenti a Torino appare, nella triste realtà, luogo di conflitti e contraddizioni: spesso anche la speranza appare sconfitta dagli eventi. Piange a dirotto Ali Rashid Khalil, vice ambasciatore dell’Autorità di Palestina in Italia, commovendo tutti i partecipanti con espressioni toccanti.

Racconta della perdita d’identità dei Palestinesi: i luoghi, la memoria, la casa. “Quando un popolo viene espulso – dichiara Khalil – inizia un viaggio con un’unica meta: il ritorno. Noi Palestinesi ci sentiamo stranieri in eterno: è una sensazione crudele simile alla morte. Gli accordi di Oslo sono stati disattesi: l’Autorità palestinese è oggi senza autorevolezza e le cose sostanziali non sono cambiate. Non vogliamo continuare una guerra che fa solo vittime”. Il diplomatico palestinese si rivolge a Ronit Matalon, scrittice e giornalista israeliane e dice: “Come posso combattere o odiare una dolce israeliana come te. Siamo tutti sconfitti. Per sempre. Non c’è più nulla da fare”. Il discorso viene interrotto dal suo pianto.Di rabbia e di impotenza. Un alito di speranza viene proprio dall’israeliana Ronit: ”I cambiamenti in corso – dice – sono più grandi delle strutture politiche. Bisogna tradurre in una nuova realtà politica e culturale il “levante”. Non c’è altra alternativa alla pace in Medio Oriente”.

Diana Çuli, presidente del forum delle donne albanesi, racconta con rammarico la situazione nel suo Paese e chiede a noi presenti e a se stessa:”Cosa succede a noi albanesi? Paghiamo forse il prezzo di non essere né troppo occidentali né troppo orientali, né tanto meno “troppo balcanici”? Consideriamo anche il silenzio durato 50 anni dai Paesi del Mediterraneo. Noi albanesi l’abbiamo percepito. Come donna mi irrito quando si identifica l’Albania con la prostituzione, la droga e l’aids. Questi fenomeni negativi li abbiamo ereditati negli ultimi tempi dalle società occidentali. L’Albania ha una sua forte identità e non è caduta nella trappola delle guerre civili. Dobbiamo conoscerci, altrimenti restiamo su basi puramente teoriche. Dovete sapere come canta, cosa mangia e quali idee e sentimenti ha il popolo albanese. Solo attivando questo processo di conoscenza e dialogo tra le società civili sarà possibile ritrovare una soluzione politica che risollevi l’Albania dal baratro nel quale è caduta….”

Molti altri gli interventi: Matvejevic’, Spahic’, Stetiè – membri del comitato scientifico internazionale della Fondazione – e poi Dal Lago, Baricco, Maggani, Cassano ed altri. Interviene anche il presidente della Camera Luciano Violante al quale pongo alcune domande riportate di seguito.

Lunedì 12 aprile, ore 19. siamo riuniti nella Galleria d’arte moderna e contemporanea per il Convegno “La cultura per le grandi città: Torino dal 1997 al 2000”. Il collega architetto Ettore Sottsass esprime belle parole sul significato della cultura e sulla solitudine definendola come “una grande lastra di ghiaccio sottile sulla quale si ha paura di fare qualunque passo, sia in avanti che indietro”. Matvejevic’ parla del rapporto tra la verticalità e l’orizzontalità delle città: un tema che abbiamo più volte insieme affrontato ponendo l’accento sulla necessità di identificare le periferie in rapporto al centro della città. Il sindaco Castellani si lamenta per le difficoltà economiche in cui versano le amministrazioni comunali incapaci di sostenere le molteplici energie culturali che una città è capace di esprimere. Chiedo a Walter Veltroni in che modo lo Stato intenda ristrutturarsi per rivalutare il patrimonio culturale e trasformarlo in “offerta culturale” per generare sviluppo ed occupazione soprattutto a favore dei giovani.