a cura della
Federazione provinciale di Napoli dei Democratici di Sinistra.
Predrag Matvejevic', autore di Breviario Mediterraneo scrive: “Non esiste una sola cultura mediterranea, ce ne sono molte in seno ad un solo Mediterraneo. Sono caratterizzate da tratti per certi versi simili e per altri differenti, raramente riuniti e mai identici. Le somiglianze sono dovute alla prossimità di un mare comune e all’incontro di nazioni e di forme di espressioni vicine. Le differenze sono segnate da fatti di origine e di storia, di credenze e di costumi talvolta inconciliabili. Né le somiglianze né le differenze sono assolute e costanti, talvolta sono le prime a prevalere, talvolta purtroppo le ultime”.
Nella cultura moderna la nozione prevalente, diffusa e
consolidata del Mediterraneo appare soprattutto quella estetica, evocativa,
epica o elegiaca, ma tendenzialmente rivolta al passato, alla sua celebrazione
o al suo rimpianto.
Oggi invece i problemi e gli intrecci economici e sociali
delle due rive del Mediterraneo dovrebbero essere prese in considerazione nella
definizione delle opzioni strategiche e dei programmi e progetti per affrontare
la sfida globale degli anni a venire.
Il baricentro dell’Europa si sposta verso Nord,
riunificazione tedesca, ingresso dei Paesi scandinavi , allargamento verso Est,
tutto converge in questa direzione privilegiando l’associazione dei paesi
dell’Europa centro – orientale rispetto al Mediterraneo: tutto questo non sarà
indolore se, con pari dignità, l’Europa non saprà riancorarsi e ricentrarsi sul
Mediterraneo.
L’ingresso dell’Italia e del Mezzogiorno in Europa
rappresenta quella battaglia politica e culturale per affermare una controtendenza.
C’è una “identità mediterranea dell’Europa”: l’identità europea del Mezzogiorno è anche la sua identità mediterranea e non possono essere messe in contrasto.
La tradizione di cultura e di civiltà di tutto il bacino
del Mediterraneo, il dialogo tra tali culture e gli scambi a livello umano,
scientifico e tecnologico sono una componente essenziale del riavvicinamento e
della comprensione tra i popoli.
Le regioni e le città del Sud dell’Europa hanno il
compito di dare forma, insieme con altre realtà della società civile, a questa
coscienza.
L’obiettivo generale della cooperazione nel Mediterraneo
è la creazione di una zona di benessere cui possano partecipare tutti i partner
nonché: accelerare lo sviluppo socioeconomico duraturo, migliorare le condizioni
di vita delle popolazioni, rafforzare la sicurezza alimentare, sanare le
situazioni di degrado ambientale, aumentare il livello occupazionale e ridurre
il numero delle regioni svantaggiate promovendo la cooperazione regionale.
Scopo del partenariato economico e finanziario, è quello
di creare un’area di prosperità condivisa, appunto condivisa, quindi la sfida
che abbiamo davanti è quella dell’integrazione.
Se guardiamo la carta geografica ci accorgiamo, come
diceva Braudel: che l’Italia divide il Mediterraneo in due bacini, uno
orientale e uno occidentale, è un ponte tra il Nord e il Sud, tra l’Europa e
l’Africa.
Noi siamo esattamente al centro di tutto questo.
Il Mezzogiorno è quasi la metà d’Italia e condiziona in
una certa misura il tipo e qualità dello sviluppo europeo. Il tema è quello
delle prospettive future di un’area che è il passaggio tra Europa e la riva sud
del Mediterraneo.
Certo l’area di libero scambio delle merci prevista per
il 2010 e la progressiva liberalizzazione degli scambi di servizi fra le parti costituiranno un
importante strumento assieme al sostegno offerto a specifiche iniziative
tramite il rilancio dei programmi di cooperazione decentrata MED per realizzare
un’area di prosperità condivisa basata su uno sviluppo economico e sociale
sostenibile ed equilibrato.
Il Mediterraneo ha affrontato la modernità in ritardo,
non ha conosciuto il laicismo lungo i suoi bordi, ciascuna delle coste conosce
le proprie contraddizioni, che non cessano di riflettersi sul resto del bacino
e su altri spazi, talvolta molto lontani.
Nonostante tutto sul Mediterraneo esistono modi di essere
e maniere di vivere comuni o avvicinabili, a dispetto delle scissioni e dei
conflitti che vive o subisce questa parte del mondo.
Certo si tratta di paesi con problemi di stabilità
istituzionale, di rispetto dei diritti dell’uomo, che devono ancora assumere
un’economia di mercato efficiente e la capacità di far fronte alla pressione
concorrenziale, ma il punto che abbiamo di fronte è come possiamo noi aiutare
questo processo che può essere anche il modo nuovo di leggere il meridionalismo
non più attraverso le vecchie categorie come aree depresse, marginalità o
marginalizzazione.
Le città possono svolgere un ruolo in materia di
democratizzazione e partecipazione nonché di localizzazione dello sviluppo
economico, standard di vita, produzione, consumo, uso delle risorse e
organizzazione dello spazio orientato nel senso della sostenibilità.
Le relazioni dirette regioni – città, area metropolitana
– unione europea, paesi partner euromediterranei devono costituire non solo una
ridefinizione istituzionale, ma soprattutto la capacità di esaltare i poteri,
le responsabilità ed i risultati delle regioni, delle città e di tutte le
autonomie locali.
Il Mediterraneo non è solo un’area di libero scambio o un
mercato è tanto meno un museo, bensì un luogo di creazione.
Noi possiamo lavorare per: contribuire alla diffusione di
un concetto mediterraneo per affermare un’identità ed una cultura mediterranea
nel rispetto e nella valorizzazione di ciascuna specifica identità; rafforzare
la società civile dei paesi mediterranei promovendo le culture, il dialogo, il
pluralismo e la democrazia; promuovere la complementarietà economica tra la
nostra area metropolitana e paesi del Mediterraneo per assicurare azioni di
sviluppo sociale, benessere e miglioramento della qualità della vita che
incidono sui nostri comuni territori, investendo nei settori dell’ambiente,
della cooperazione energetica ed industriale, del trasferimento di tecnologie e
della gestione delle risorse idriche.
La “nuova” cooperazione decentrata può essere intesa come
quella che permette a soggetti come regioni, province, comuni, associazioni,
università, piccole e medie imprese di essere protagonisti di questa politica
per il mezzogiorno.
La cooperazione decentrata non risponde solo
all’obiettivo di accrescere la partecipazione, essa favorisce l’iniziativa e
l’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni locali,inoltre
consente di affrontare con maggiore credibilità ed efficacia i problemi quali:
l’immigrazione, la condizione giovanile, i diritti dell’uomo, la demografia,
l’insicurezza urbana.
Il futuro modello di sviluppo delle regioni meridionali
non può prescindere dai vincoli della competizione internazionale. La crescita
non può essere unicamente basata su attività che sfruttino prevalentemente
risorse.
Deve invece trattarsi di un
modello integrato che punti decisamente sui settori produttivi più avanzati ed
innovativi.
Il punto è il numero delle imprese meridionali in grado
di vendere i loro prodotti sui mercati internazionali.
Per inserire un’area urbana come quella metropolitana in
quel processo chiamato mondializzazione occorre una progettualità che non è mai
solo tecnica, ma è anche sociale e istituzionale.
La diffusione del progresso tecnologico e
dell’innovazione deve costituire una priorità.
Individuare le strategie tecnologiche pertinenti rispetto
alle sfide poste dalla concorrenza internazionale considerano il ruolo che si
può svolgere rispetto ai paesi del partenariato del Mediterraneo: acqua,
energia,ambiente, agricoltura, sanità saranno i settori su cui si concretizzerà
la futura zona euromediterranea di libero scambio. Su questo punto è importante
il ruolo che possono svolgere oltre che l’Università e gli istituti di ricerca, le piccole e medie imprese che
rappresentano il motore dell’occupazione dell’Unione Europea e che necessitano
della cooperazione degli operatori economici euromediterranei quali le banche e
le camere di commercio.
L’insediamento a Napoli della “Accademia del
Mediterraneo” è un’occasione irripetibile per fare di Napoli e della Campania
il “faro del Mediterraneo”, il nodo interattivo di dialogo tra i protagonisti
della cultura, della scienza e delle politiche dei vari paesi.
La società euromediterranea del 2000 noi vogliamo che sia
attiva e partecipata per mantenere la prospettiva e la dimensione
internazionale della città.
Il ’99 è un anno importante, iniziato con la moneta unica
e terminerà con l’avvento del nuovo millennio. Grandi trasformazioni e grandi
cambiamenti ci attendono che modificheranno la vita di ognuno di noi e che
condizioneranno quella della generazioni che verranno.
La sfida dei Socialisti europei dell’ultimo decennio è
stata quella del risanamento, ora tocca a noi dimostrare che ci può essere un
rapporto virtuoso tra moneta unica e lotta all’esclusione.
Noi vorremmo che tutti i cittadini dei nostri Paesi,
guardando all’Europa, provassero un sentimento di cittadinanza: non basta aver
aperto i confini delle nazioni, la cittadinanza è un sentimento ed è
indissolubilmente legato al concetto di libertà e di sicurezza, di giustizia e
all’idea di pari diritti e opportunità. Noi possiamo aiutare la nascita di
un sentimento, ma solo lavorando
alacremente sui contenuti, incoraggiando e sostenendo i processi di
autosviluppo, basati sulle capacità e le energie locali, investendo sul
patrimonio di conoscenze e di risorse di cui l’Europa è ricca. Ma soprattutto
sentiamo la responsabilità degli esclusi, degli emarginati, dei perseguitati.
Il nostro impegno è orientato nel coniugare solidarietà, inclusione,
opportunità e sicurezza come precondizione di qualsiasi forma di libertà.