Napoli, 13 marzo 1999
L’UOMO,
UN MARE, TRE FEDI:
CONOSCERSI,
COMUNICARE, COOPERARE
di Fusco Francesco
Questo convegno è stato voluto dal Movimento
dehoniano Europeo, di cui ho l’onore di essere il presidente, in collaborazione
con l’I.C.R.I, l’L.T.M., il Laboratorio Mediterraneo con il patrocinio morale
dell’Accademia del Mediterraneo e con la sponsorizzazione della Banca Andria,
il cui presidente ho l’immenso piacere di ringraziare! Mi è grato salutare il
presidente di “Europa Mediterranea”, il vice comandante dell’AFSE e il
rappresentante della Commissione Europea di Bruxelles.
Ci siamo voluti riallacciare alla “Dichiarazione di
Barcellona” del 1995, che indicava tre linee programmatiche precise per
un’auspicabile Federazione delle Nazioni che, per motivi culturali, economici e
politici, gravitano sull’area del Mediterraneo. La prima linea programmatica
indicata a Barcellona è quella politica e della sicurezza; la seconda quella
economica e finanziaria; la terza è rappresentata dal dialogo interculturale e
interreligioso.
La ricerca del dialogo interculturale e
interreligioso è uno dei compiti specifici che il Movimento dehoniano Europeo si è dato per statuto. Perciò il MdE
è grato agli altri organismi che hanno aderito con passione nel preparare
questo convegno, che particolarmente verterà sul dialogo interreligioso.
C’è innanzitutto da chiedersi in un’area così
importante nella storia del nostro Occidente e che ha espresso tanta cultura
per il mondo intero, è possibile per i popoli, rivieraschi e non, incontrarsi e
cooperare?
Nella storia, particolarmente dei secoli XIII – XVI,
nella zona del Mediterraneo si sono alternati periodi di grande collaborazione
a periodi di drammatici scontri. Spesso si è voluto motivare gli scontri “nel
nome di Dio”.
È allora c’è da chiedersi: “Oggi, in un mondo che
diventa sempre più “uno”, i nostri “credo” possono rappresentare fattori di
pace o rischiano di diventare ancora una volta causa di “esclusione”: come
hanno testimoniato anche le ultime guerre tanto crudeli degli ultimi decenni?”
Nel libro sacro dell’Islam, il sommo profeta
Muhammad ammoniva: “Noi crediamo in quello che è stato rivelato a noi e in
quello che è stato rivelato a voi (ebrei e cristiani) e il nostro e il vostro
Dio non sono che un Dio solo e a Lui noi tutti ci diamo!”
La collaborazione tra islamici, ebrei e cristiani
nella Spagna del sec. XIII e XIV condusse a momenti di alta civiltà sul piano
politico, economico e finanche sul piano artistico e architettonico. Allora i
simboli delle tre religioni monoteistiche, la mezzaluna, la stella di Davide e
la croce, si intrecciarono nello stile mojadir, unico nel suo genere, come
espressione di un unico impegno religioso e civile. Così a Siviglia, così a
Toledo, così a Palermo.
Quel modo di ricercarsi e collaborare terminò,
purtroppo in modo drammatico a Toledo nel marzo 1492 (con l’espulsione degli
ebrei, decretata dalla regina Isabella e da re Ferdinando) e a Lepanto il 7
ottobre 1570.
Robert de Montvalon, presidente francese della 2°
Conferenza delle Religioni per la Pace scriveva (nel numero 1/95 della rivista
“Matanoia”): “Le religioni sono a un crocevia: possono continuare, come nel
passato, ad assorbire, distruggere, ignorare, tre maniere per difendersi, e
allora fomenteranno la violenza; oppure si ricorderanno dei loro testi
fondatori e dei loro “santi” e allora si incontreranno, saranno viventi,
aiuteranno a vivere”.
Incontrarsi e dialogare per le
persone di diverse fedi religiose non è agevole! Non è facile dire con serenità
“io” e dire “Dio”. Infatti l’io deve per necessità incontrare confrontarsi con
altri “io”: Dio sfugge a qualsiasi nostro tentativo di delimitarlo. Ma, non
appena tentiamo di porre Dio a servizio delle pretese del nostro “io”, allora è
forte la tentazione di vedere ovunque dei rivali e di “fare di Dio una pietra
per la nostra fionda!” L’incontro fra persone di diverse religioni, anche se
monoteistiche, provoca allora in noi il rigurgito inconscio di un passato
lacerante e tragico. Non basta successivamente, nei momenti di resipiscenza come
alla fine di questo millennio, chiedere solennemente perdono, magari perché si
è alla fine di un’epoca disseminata di lotte e di guerre crudeli combattute
“nel nome del nostro Dio”: occorre capire di che cosa e perché si chiede
perdono, se no domani non sarà meglio di ieri!
Perciò alcuni sostenitori della New Age
hanno scritto che è l’ora di fare piazza pulita delle religioni monoteistiche,
perché sono tuttora fonte e origine di guerre, persecuzioni e ingiustizie!
Sarebbe da studiare quale direzione
avrebbe preso la civiltà occidentale senza la divulgazione della scienza media
e filosofica del mondo greco-romano, fatta mille anni fa da un credente
islamico, Abu Alì al Abdallàh ibn Sina (Avicenna 980-1037) o senza la
divulgazione polemica dell’aristotelismo fatta da Abùl – Walid Muhammad ibn
Rushd (Averroè 1126-1198)! Sui loro testi, tradotti in latino, si formarono i
grandi autori italiani ed europei del Medioevo e del Rinascimento. In quel
periodo storico nelle nostre università di Italia, Francia e Spagna, anche
ecclesiastiche, si fondarono le cattedre di lingue e cultura islamica ed
ebraica. Il grande imperatore Federico II (1194-1250) volle l’istituzione di
quelle cattedre nell’Università di Napoli, da lui fondata, e fece della sua
corte il luogo di incontro di queste grandi culture mediterranee. Anche quando
il papa Onorio III lo obbligò a riconquistare Gerusalemme non volle la via
delle armi, ma quella della diplomazia.
Sarebbe troppo lungo analizzare
quanto la nostra civiltà mediterranea deve ai grandi autori di diritto e
letteratura di nazionalità ebraica. L’aiuto concreto che offrirono alle
Repubbliche di Venezia e agli Stati Pontifici sul piano dell’economia e della
finanza dei secc. XVII – XVIII.
Religioso è l’uomo che non si sente
mai arrivato alla meta, alterato dalla sete di conoscere meglio il mondo che lo
circonda e il progetto di Dio per ogni persona e per ogni popolo. Non sbarra la
propria vita e il proprio appartamento con cancelli di separazione l’uomo
religioso. E’ alto tuttavia il rischio
che corre quando offre con umiltà il proprio apporto costruttivo, soprattutto
se non riesce a tenere ben distinto il suo cammino di fede dall’opzione
politica della società in cui vive. “Io desidero imparare a credere!” –
scriveva uno dei più grandi testimoni del nostro secolo, il pastore luterano
Dietrich Bonhoeffer, impiccato dai nazisti nel campo di Buchenwald; e
precisava: “Si impara a credere soltanto vivendo pienamente in questa
società!”(Resistenza e Resa, Milano
1969, pag . 269).
Poco più di due anni fa incontrai un
noto ricercatore scientifico dell’Università di Tananarive, il professore
Andriambolòlona”: Non sono cattolico – mi disse – lo è mia moglie. Il mio
matrimonio è oggetto di invidia per l’amore che mi lega a mia moglie. La ricchezza
della mia vita è lei. Attraverso lei ho potuto arricchire la mia vita con
esperienze e ideali per me prima sconosciuti. Mia moglie afferma la stessa cosa
di me. La diversità religiosa non è fatta per separare le persone ma per
arricchire! – e concludeva- Bisognerebbe scoprire questa realtà anche nei
rapporti fra i popoli!”
Cari Amici, la nostra società si
presenta apparentemente senza punti fermi, ma quando riesce a intravedere delle
testimonianze vere, di veri profeti, li sente come patrimonio di tutti, a
qualsiasi religione e cultura appartengono.
È insostituibile oggi un graduale
passaggio dall’atteggiamento dell’esclusione a quello della discrezione e del
rispetto: operando un coraggioso sacrificio di tante convinzioni radicate nei
nostri popoli da secoli. La religione non è fatta per escludere, ma per amare,
per esprimere rispetto e fraternità. A questo noi del Movimento dehoniano Europeo desideriamo invitare tutti voi
presenti: a liberarvi di ogni incertezza e ad entrare con coraggio nel panorama
variopinto dei profeti che credono in un mondo nuovo, in cui Dio non è Colui
che separa, ma Colui che di tanti popoli ne forma Uno solo!