“IL PICCOLO”

 

25 Gennaio 1999

 

 

Il Premio Trieste sogna con Kolski

 

 

di Alessandro Mezzana Lona

 

Trieste.Non si tratta di superstizione. Ma ai Festival, quasi sempre, va così: il film più bello, più incensato, più pronosticato, finisce per tirare la volata a qualche pellicola outsider. Anche nella decima edizione di “Alpe Adria Cinema”,che si è conclusa ieri, è andata così.

Non c’erano dubbi che, tra tutte le opere in concorso per il Premio Trieste, “Szemvedély”(Passione) dell’ungherese György Fehér meritava di vincere. E invece? Dalle ritrovie è sbucato un outsider, Jan Jakub Kolski. Che, a dire il vero, con il suo “Historia kina w Popielawach”(Storia del cinema a Popielawy) si era già portato a casa, l’anno scorso, dal Festival del cinema polacco di Gdynia, due riconoscimenti “pesanti”: il Leone d’oro per il miglior film e il premio per la miglior interpretazione maschile.

La giuria triestina, composta da studenti universitari delle facoltà di Lettere e filosofia e di Scienze della comunicazione, ha scelto il film di Kolski “per la capacità di narrare in equilibrio tra i toni sfumati della favola e quelli accesi della realtà di paese, l’idea di un sogno, quello del cinema”.

Peccato che il regista polacco, raccontando il desiderio di creare immagini in movimento che si tramanda, da generazioni, nella famiglia dei maniscalchi Andryszek, finisca per intrappolarsi in una sequenza di flashback e sovrapposizioni temporali un po’ troppo macchinosa.

Soprattutto nella prima parte.

Dimenticarsi di Fehér sarebbe stato impossibile.

Il suo film, prima di Trieste, aveva già incantato critica e pubblico del Festival di Cannes, della Settimana del cinema ungherese, dove ha vinto cinque premi, e del Festival di Taormina. Così, la giuria di “Alpe Adria”s’è inventata, per “Passione”, una menzione speciale, sottolineando la “perfezione stilistica e la coerenza formale, nonché l’originalità della statura artistica dell’autore”.

A bocca asciutta, invece, è rimasto il regista kazako Darezan Ormibaev. Tentando di immaginare chi fosse tra i favoriti al Premio Trieste, avevamo ipotizzato che “Killer”potesse duellare addirittura con “Passione”. Ma, evidentemente, quella storia bella e terribile, girata con glaciale lucidità e con un talento narrativo che non lascia spazio ai fronzoli, agli ammiccamenti, a un finale consolatorio, non ha colpito al cuore i giurati triestini.

E se di snobbati vogliamo continuare a parlare, anche “Knoflìkàri”(Maniaci di bottoni) ha mancato clamorosamente l’appuntamento con il premio. Reduce dai trionfi del Bergamo Film Meeting, dove ha intascato la Rosa Camuna d’oro, e di Rotterdam, che l’ha insignito del Tiger Award, il film del ceco Peter Zelenka è una commedia nera costruita come se fosse fatta da cerchi concentrici che si intersecano tra  loro. A cinquant’anni dal bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, a Praga si consumano amori e tradimenti, sedute spiritiche e bizzarri esperimenti scientifici. E nella crudele successione di piccole cattiverie d’ordinaria umanità si insinuano sentimenti un po’ più forti. Che potrebbero cambiare il mondo, se solo riuscissero a mettere in tilt stili di vita ormai cristallizzati. Accettati.

È bello a metà, il film di Zelenka. Parte bene, s’impenna con un paio di gag davvero azzeccate. Poi, finisce per ripiegarsi su se stesso.quasi fosse inghiottito lentamente da un gorgo di banalità e idee confuse. Tanto da rischiare, addirittura, di sfasciarsi nel finale.

Un fatto, comunque è certo. Mai come quest’anno, gli Incontri di “Alpe Adria Cinema” sono riusciti a presentare una sezione di film in concorso così omogenea, d’alta qualità. Almeno cinque delle pellicole in gara per il Premio Trieste potrebbero ben figurare in qualsiasi tipo di festival. Dal più importante al più modesto. Per non parlare della straordinaria retrospettiva “Onde dell’altra riva”. E il pubblico se n’è accorto.Sabato sera, il Teatro Miela e il Cinema Excelsior si sono riempiti in maniera incredibili per le due proiezioni di “Nevjeste dolaze” (Le spose verranno), il film per la tv di Emir Kusturica. Molti spettatori se ne sono dovuti tornare a casa, perché non c’erano sufficienti posti a disposizione.