di Alessandro Mezzana Lona
Non c’erano dubbi che, tra
tutte le opere in concorso per il Premio Trieste, “Szemvedély”(Passione)
dell’ungherese György Fehér meritava di vincere. E invece? Dalle
ritrovie è sbucato un outsider, Jan Jakub Kolski. Che, a dire il vero,
con il suo “Historia kina w Popielawach”(Storia del cinema a Popielawy)
si era già portato a casa, l’anno scorso, dal Festival del cinema polacco di
Gdynia, due riconoscimenti “pesanti”: il Leone d’oro per il miglior film e il
premio per la miglior interpretazione maschile.
La giuria triestina, composta
da studenti universitari delle facoltà di Lettere e filosofia e di Scienze
della comunicazione, ha scelto il film di Kolski “per la capacità di narrare in
equilibrio tra i toni sfumati della favola e quelli accesi della realtà di
paese, l’idea di un sogno, quello del cinema”.
Peccato che il regista polacco,
raccontando il desiderio di creare immagini in movimento che si tramanda, da
generazioni, nella famiglia dei maniscalchi Andryszek, finisca per
intrappolarsi in una sequenza di flashback e sovrapposizioni temporali un po’
troppo macchinosa.
Soprattutto nella prima parte.
Dimenticarsi di Fehér sarebbe
stato impossibile.
Il suo film, prima di Trieste,
aveva già incantato critica e pubblico del Festival di Cannes, della Settimana
del cinema ungherese, dove ha vinto cinque premi, e del Festival di Taormina.
Così, la giuria di “Alpe Adria”s’è inventata, per “Passione”, una menzione
speciale, sottolineando la “perfezione stilistica e la coerenza formale, nonché
l’originalità della statura artistica dell’autore”.
A bocca asciutta, invece, è
rimasto il regista kazako Darezan Ormibaev. Tentando di immaginare chi
fosse tra i favoriti al Premio Trieste, avevamo ipotizzato che “Killer”potesse
duellare addirittura con “Passione”. Ma, evidentemente, quella storia bella e
terribile, girata con glaciale lucidità e con un talento narrativo che non
lascia spazio ai fronzoli, agli ammiccamenti, a un finale consolatorio, non ha
colpito al cuore i giurati triestini.
E se di snobbati vogliamo
continuare a parlare, anche “Knoflìkàri”(Maniaci di bottoni) ha mancato
clamorosamente l’appuntamento con il premio. Reduce dai trionfi del Bergamo
Film Meeting, dove ha intascato la Rosa Camuna d’oro, e di Rotterdam, che l’ha
insignito del Tiger Award, il film del ceco Peter Zelenka è una commedia
nera costruita come se fosse fatta da cerchi concentrici che si intersecano
tra loro. A cinquant’anni dal
bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, a Praga si consumano amori e
tradimenti, sedute spiritiche e bizzarri esperimenti scientifici. E nella
crudele successione di piccole cattiverie d’ordinaria umanità si insinuano
sentimenti un po’ più forti. Che potrebbero cambiare il mondo, se solo
riuscissero a mettere in tilt stili di vita ormai cristallizzati. Accettati.
È bello a metà, il film di
Zelenka. Parte bene, s’impenna con un paio di gag davvero azzeccate. Poi,
finisce per ripiegarsi su se stesso.quasi fosse inghiottito lentamente da un
gorgo di banalità e idee confuse. Tanto da rischiare, addirittura, di
sfasciarsi nel finale.
Un fatto, comunque è certo. Mai
come quest’anno, gli Incontri di “Alpe Adria Cinema” sono riusciti a presentare
una sezione di film in concorso così omogenea, d’alta qualità. Almeno cinque
delle pellicole in gara per il Premio Trieste potrebbero ben figurare in
qualsiasi tipo di festival. Dal più importante al più modesto. Per non parlare
della straordinaria retrospettiva “Onde dell’altra riva”. E il pubblico se n’è
accorto.Sabato sera, il Teatro Miela e il Cinema Excelsior si sono riempiti in
maniera incredibili per le due proiezioni di “Nevjeste dolaze” (Le spose
verranno), il film per la tv di Emir Kusturica. Molti spettatori se ne
sono dovuti tornare a casa, perché non c’erano sufficienti posti a
disposizione.