L’intervista al Premio Nobel Nagib Mahfuz

 

Il Premio Nobel egiziano per la letteratura Nagib Mahfuz ha gentilmente accettato di essere intervistato, ospitandoci nella sua bella casa affacciata sul Nilo.

Colpito con un coltello nell’ottobre del ’94, in un brutale attacco terroristico che pareva aver irrimediabilmente compromesso la sua attività letteraria, Mahfuz ha recuperato nel tempo la funzionalità del braccio destro e ha ripreso a scrivere.

Ringraziamo Mohamed Salmawy, scrittore e giornalista egiziano, caporedattore del settimanale “Al-Ahram Hebdo”, – designato da Nagib Mahfuz a ritirare nell’88 il Premio Nobel e a pronunciare a nome suo il discorso a Stoccolma-, per aver reso possibile l’intervista, traducendo dall’arabo al francese.

Signor Mahfuz, cosa ha rappresentato per lei il cinema, ci può parlare dell’incontro con Salah Abou Seif e della collaborazione
con lui...

Io amavo i film e il cinema sin dall’infanzia, ero infatuato del cinema e dei film che vedevo, ma fino al 1947 ignoravo completamente la tecnica del cinema, come è fatto il cinema, il film, il montaggio e via dicendo, non ne avevo alcuna idea. L’incontro col cinema mi ha dato la fortuna, l’occasione di conoscere i retroscena di un’arte che ho amato da sempre. Ma avevo la convinzione che il cinema fosse un’arte popolare, persino un po’ volgare al confronto con la letteratura. Questa convinzione è cambiata, e gli italiani con la scuola del neorealismo ne sono un po’ reponsabili. Nel ’47 un amico è venuto a dirmi che c’era un giovane regista di cinema che aveva letto i miei libri, li ammirava molto e voleva che io collaborassi con lui per scrivere una sceneggiatura. Questo giovane regista era Salah Abou Seif, che aveva fatto un solo film, il suo primo film, che non era ancora uscito nelle sale. Quando ho incontrato questo Salah Abou Seif per la prima volta, gli ho detto “francamente io non conosco niente di cinema, non so come scrivere una sceneggiatura e non posso aiutarla”. Allora Salah Abou Seif mi ha detto “no, lei ha uno stile letterario, ha la sua visione di artista... vedrà che la sceneggiatura non è difficile quanto crede”. Mi ha detto anche “alcuni romanzi che lei ha scritto sono già delle sceneggiature, se lei scrive romanzi così, può scrivere delle sceneggiature”. A quel punto gli ho detto “mi piacerebbe leggere dei libri su come scrivere una sceneggiatura” e lui ha detto “lo faremo insieme nella pratica, faremo lo sceneggiatura poco a poco insieme, e quando finiremo il film lei vedrà che ha già imparato a scrivere una sceneggiatura, ma ad ogni modo le darò – e mi ha dato – dei libri sulla sceneggiatura e l’arte di scrivere sceneggiature”.

Il soggetto del mio primo film Le avventure di Antar e Abla, era una storia d’amore come Romeo e Giulietta. A questo proposito Salah Abou Seif mi ha domandato “come vede questa storia, cosa è potuto accadere a quei due...”. Io credevo di dovergli dire ciò che pensavo, ciò che vedevo, e che la mia responsabilità finisse lì, che me ne sarei potuto andare. Allora gli ho detto “ho visto che hanno fatto questo, questo e questo... e credo forse che possano fare questo e quest’altro...”, ma Salah Abou Seif ha risposto “no, lei non se ne va, questo è solo l’inizio, ora deve scrivere tutto quanto, lo faremo insieme, a tappe, stenderemo la successione di tutti gli eventi della storia, e la descriverà nel modo in cui lo fa nei suoi romanzi”. È così che sono entrato nel cinema e ho continuato ad esserne innamorato, ma non l’ho mai messo allo stesso livello della letteratura.