"NAPOLI CAPITALE DEL MEDITERRANEO"
26 ottobre 2002 – Istituto
Italiano per gli Studi Filosofici
Intervento di Michele
Capasso, Presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo
Vorrei
innanzitutto ringraziare gli organizzatori
per avermi voluto invitare a questo convegno al quale molto volentieri
la Fondazione Laboratorio Mediterraneo ha aderito.
Rovistando
nell’archivio internet della nostra Istituzione, ho constatato che, dal
1994, quello di oggi è il sedicesimo
incontro che si svolge in questa città con il medesimo titolo ed al quale partecipiamo. Unica differenza
il punto interrogativo, che a 7 di questi eventi fu apposto nel passato.
L’appuntamento
odierno coincide con un periodo confuso, instabile e drammatico e gli stessi
concetti di “Napoli”, “Capitale” e “Mediterraneo” stentano ad essere
chiaramente definiti. Provo ad avventurarmi in questo esercizio per poi
concludere con proposte concrete per tentare di contribuire a realizzare questa
affermazione che, purtroppo, ancora oggi continua ad essere un sogno.
Cos’è oggi il Mediterraneo e quale il
significato delle sue città.
L’immagine
che offre oggi il Mediterraneo è molto lontana dall’essere rassicurante.
Abbiamo una costa settentrionale che è in ritardo rispetto al Nord dell’Europa.
Tra il Nord e il Sud del Mediterraneo esiste poi un problema di
rappresentazioni: vi sono senza dubbio differenti modi di organizzazione
sociale, la distribuzione differenziata degli "status" e dei sessi,
la diseguaglianza delle risorse e delle ricchezze. Ma c’è ben oltre: esiste
soprattutto il modo appannato con cui le due sponde si percepiscono, sia con la
ragione che con il cuore; un riflesso contemporaneamente istintivo e
controllato, spontaneo e riflessivo, che provoca angoscia, odio, compassione,
indifferenza, smarrimento. Lo sguardo del Nord sul Sud, ancora oggi, non è solo quello del laico sul non-laico,
del cristiano sul musulmano, dell’europeo sul non-europeo: è soprattutto ancora
lo sguardo del ricco sul povero, del potente sul debole, del bianco sul nero. Il Mediterraneo come volontà di
solidarietà non esiste: è una zona di fratture molto profonde - politiche,
sociali, culturali, economiche, religiose - che tenderanno sicuramente ad
acuirsi nei prossimi anni. Quindi Mediterraneo sempre di più frontiera, sempre
di più linea di confine, sempre di meno elemento aggregante e coagulante: quasi
sempre uno stato confuso di cose lontano dal diventare "progetto".
E’
proprio questa assenza di progettualità
il motivo principale che ha
spinto molti di noi a cercare di assicurare legittimità e rappresentatività
all’area euromediterranea nel tentativo di proporre un progetto complesso
cercando di mettere insieme "oggetti" e "manufatti"
costruiti e costituiti da individui, enti, istituzioni e Stati del Mediterraneo,
spesso perduti nel proprio misero quanto riduttivo interesse particolare, senza
avere la consapevolezza che quei "manufatti", da essi stessi
prodotti, sono indispensabili per progettare ed edificare la “Casa comune
mediterranea”, di cui tra breve darò alcuni cenni.
Nei
prossimi anni gran parte della popolazione si concentrerà ancor di più nelle
principali città e molte di queste avranno più di dieci milioni di abitanti :
non sarà facile viverci e avremo sempre di più anziani trascurati, giovani
senza punti di riferimento, feroci somatizzazioni da stress urbano, aria
irrespirabile, acque di mari e di fiumi inquinate. Queste città correranno il
rischio di essere solamente l’incarnazione di un aberrante processo sorretto
soltanto dal potere economico e dalla legge crudele dei mercati e dei mercanti.
Uno scenario privo di storia, lontano dalle radici, dove la civiltà che potra
nascere sarà tenuta insieme non dalle idee di verità, di bellezza, di giustizia
o "di destino", ma dalle idee di scambio, profitto, denaro,
proprietà, commercio, prodotto, possesso.
Partendo
dall’uomo occidentale queste stesse idee potrebbero estendersi, per imitazione,
a tutto il pianeta: una droga accecante che finirebbe col distruggere
definitivamente la natura, l’ambiente e l’uomo.Il Sud, il Mediterraneo- che del
pianeta costituisce la "culla" di una delle sue più antiche civiltà-
e una città come Napoli, da questo punto di vista, costituiscono una
risorsa,una difesa. Le sofferenze del Sud e di Napoli, l’apparente inadeguatezza
del Sud e di Napoli, la distanza dai centri industrializzati del Nord, dai
centri in cui vengono decise le sorti economiche dell’Europa, ne fanno un punto
di vista privilegiato. Napoli da "periferia apparente dell’Europa dei
mercati" può essere, invece, il baricentro culturale del Mediterraneo: una
risorsa indispensabile per riequilibrare i rapporti e le distanze non solo in
termini di misura ma, soprattutto, in termini di valori, una risorsa per
consentire di scendere da quel "treno" attraverso passaggi difficili
e delicati. Napoli è l’unica città del Mediterraneo che mantiene una sua
"anima autentica", che è poi il suo vero "valore", e che le
potrà consentire, a pieno titolo, di ritornare ad essere non solo una grande
capitale europea ma anche mediterranea.
Il
Mediterraneo, come "patria dei miti", ha sofferto delle mitologie che
esso stesso ha generato: è uno spazio ricco di storia rimasto vittima di ogni
sorta di storicismo. Il Mediterraneo di oggi, quello che è possibile vedere,
quello che personalmente ho visto in questi ultimi tempi, non si identifica
assolutamente con la rappresentazione che di questo mare viene da sempre
perpetuata. Una "identità dell’essere" si amplifica sempre di più a
svantaggio totale di una "identità del fare" che non è né definita, né
compresa, né tantomeno attuata. La retrospettiva continua a sopraffare la
prospettiva. Ed è così che lo stesso pensiero Mediterraneo rimane imbrigliato
in vecchi stereotipi. Le chiusure che si stabiliscono in ogni parte di questo
bacino contraddicono una naturale tendenza all’interdipendenza. La cultura poi
è frammentatissima e contrasta se stessa e perciò non è in grado di fornirsi o
di fornire alcun aiuto. A un dialogo vero di scambio e di cooperazione si
sostituiscono vaghe trattative: Nord, Sud, Est, Ovest.
La
bussola nel Mediterraneo sembra essersi definitivamente rotta.
Il
Mediterraneo certo non è il solo responsabile di questo stato di cose. Le sue
migliori tradizioni, quelle che associano l’arte all’art de vivre, si
sono spesso opposte invano. I concetti di scambio, di solidarietà, di coesione
o di partenariato, devono essere sottoposti ad un severo esame critico. La sola
paura dell’immigrazione proveniente dalla costa Sud non basta per determinare
una politica ragionata. Molte definizioni in questo senso devono essere
riconsiderate. Non esiste solo una cultura mediterranea: troppo semplicistico.
Ce ne sono molte altre in seno a un solo Mediterraneo. Sono caratterizzate da
tratti per certi versi simili, per altri differenti, raramente collimanti, quasi
mai uniti, ma mai, assolutamente mai, identici. Le somiglianze sono dovute
soprattutto alla prossimità di un mare comune e all’incontro sulle sue sponde
di nazioni e di forme di espressione vicine. Le differenze sono segnalate da
fatti di origine, di credenze, di costumi, di storie, di tradizioni; fatti che
talvolta sono essi stessi inconciliabili.
Elaborare una cultura intermediterranea alternativa: mettere in atto un
progetto del genere, non è impresa facile, nè appare di imminente fattibilità;
condividere una visione differenziata è invece meno ambizioso anche se non
sempre facile da realizzare.
Fortunatamente
l’Europa oggi si sta riscoprendo “mediterranea” e grazie a Italia, Francia,
Spagna, Portogallo e Grecia – quali membri dell’UE – il suo centro di gravità
si è orientrato verso Sud. La caduta del muro di Berlino, la guerra nei Balcani
ed altri eventi drammatici hanno riproposto contraddizioni mai superate tra
popoli, lingue, religioni e società. Il dramma dei clandestini e la gestione
dei flussi di migranti attratti dalla “ricca” Europa sta rivoluzionando i sistemi di vita delle città europee che si
scoprono oggi multietniche, multireligiose e multirazziali con conseguente
aumento di disagio e intolleranza verso gli immigrati. Il Mediterraneo
ridiviene oggi finalmente “il laboratorio dell’Europa”, come quasi un decennio
fa auspicammo proprio in questa sala costituendo la nostra Fondazione Laboratorio Mediterraneo. La
sfida di oggi, cui devono rispondere gli Stati, le Istituzioni, le Università e
tutti i rappresentanti della società civile si chiama “convivenza” e “diritto
alla cittadinanza” intesa come eliminazione di ogni forma di disuguaglianza
(sociale, religiosa, culturale, giuridica, politica, ecc) ed accesso ai diritti
di base per tutti (istruzione, assistenza, sanità, ecc.). Tutto ciò si traduce
in un laboratorio in cui inventare, giorno per giorno, nuove soluzioni a nuovi
problemi ed il teatro principale di questa azione è costituito dalle città
mediterranee. Il destino del Mediterraneo è quindi affidato alle sue città ed
alla capacità di collegamento tra esse. Da questa capacità di gettare reti, di
intessere collegamenti, di creare tiranti, si determinerà lo sviluppo e il
futuro di quest’area geografica.
La nostra
Fondazione ha da sempre considerato il ruolo delle città del Mediterraneo
talmente determinante da farne un punto cardine della propria attività di
ricerca e, da due anni, ha costituito una propria sezione autonoma denominata
“Euromedcity”,nata da una specifica proposta formulata nel 1997 (in occasione
del II Forum Civile Euromed svoltosi a Napoli il 12,13 e 14 dicembre)
dall’allora Sindaco Bassolino.
L’obiettivo essenziale di Euromedcity è stato quello di riunire
le principali città euromediterranee organizzando un sistema di coordinazione
stabile che permetta di garantire lo sviluppo degli obiettivi prefissati,
ottimizzare i programmi di cooperazione degli organismi più adatti al fine di
programmare la maniera più efficace per la risoluzione dei problemi comuni alle
varie città del Mediterraneo. Per cominciare a lavorare sono stati costituiti
dei gruppi di lavoro sui seguenti temi: cultura e patrimonio; qualità della vita; migrazioni; turismo; trasporti
e comunicazione; strategie di sviluppo economico; ambiente; salute pubblica e
lotta contro la droga; protezione civile.
Il
Mediterraneo sembra dunque ritornare a quel tempo in cui le città avevano un
ruolo essenziale e prioritario, dove nel Nostro Mare le città hanno sempre
preceduto gli Stati; la nozione di "civitas" contiene in se stessa il
senso dello Stato. "Civitas" che non significa solo città ma tutto
quello che sta intorno alla città: la regione che "contiene" la
città. In questi ultimi tempi assistiamo veramente al risveglio di una volontà
nuova da parte delle principali città mediterranee che vogliono diventare
protagoniste della politica del Mediterraneo: vogliono, collegandosi tra di
esse, collegare il bacino mediterraneo e confrontarsi sul terreno di problemi
concreti comuni cercando di trovare le soluzioni più adeguate.
La città
del Mediterraneo ha una struttura molto particolare: ha una sua orizzontalità
ed una sua verticalità che sono entrambe collegate con la storia. Alcune città
hanno in particolare una grandissima profondità verticale, una stratificazione
notevole che è al tempo stesso ricchezza ed angoscia. E’ il caso di Napoli,
Roma, Firenze, Marsiglia, Alessandria e Costantinopoli. Ma finora le politiche
di queste città operavano soltanto su un piano orizzontale e quasi rifuggivano
dalla conoscenza della città stessa. Abbiamo visto città ingrandirsi in maniera
abnorme, mastodontica, sfuggendo a qualsiasi controllo. Tutto questo anche per
colpa di una politica statale che ha la tendenza ad omologare, mentre una
politica seria, guidata dalle città e su queste incentrata, è portata a
differenziare, a rispettare la particolarità, la peculiarità e l’originalità
intrinseca di una città, a ridefinire e ridisegnare il nuovo concetto di centro
e di periferia, di confine-limite, di appartenenza e di identità. Stiamo
vivendo, quindi, un nuovo momento storico nel quale la città riacquista la sua
importanza primordiale nel tentativo e nella speranza di affrontare le grandi
crisi che tormentano il Mediterraneo.
Un
Mediterraneo quindi oggi alla ricerca di una sua “capitale”. Napoli potrebbe
esserlo, come pure Barcellona, Marsiglia, e tante altre .Napoli e Barcellona,
per esempio, hanno caratteristiche molto simili: hanno una verticalità storica,
una potenzialità ad essere capitali, senza quel genere di rivalità che è
fattore più nocivo che utile. Se Napoli vuole proporsi come capitale
del Mediterraneo - o come una delle capitali del Mediterraneo - deve tornare
alle sue radici, deve recuperare la sua verticalità: ma stendendo reti,
collegandosi con adeguati tiranti alla realtà del Mediterraneo troppo spesso
ignorata in questi ultimi tempi. Napoli è l’unica città del Mediterraneo che,
pur manifestando un notevole disordine esteriore, ha un "ordine
interiore" che ne costituisce il midollo storico. In nessun’altra città
del Mediterraneo ho ritrovato tale "ordine interiore".Della storia
italiana, che per sua natura è policentrica, Napoli costituisce uno dei centri
essenziali. Nella storia mediterranea Napoli deve trovare da sola il posto
nell’ambito di questo processo. Per fare questo è indispensabile stabilire una
tipologia dei problemi delle città mediterranee.
C’è un
fenomeno che concerne la storia moderna delle città mediterranee: da un lato
esse hanno subìto un processo di crescita progressiva della popolazione mentre
lo sviluppo industriale non riusciva a tenere dietro all’incremento
demografico. Questa "aritmia" tra incremento demografico e sviluppo
industriale ha prodotto fenomeni strani. Basti pensare, tanto per fare un
esempio, alla crisi fra centri e periferie: queste periferie che non riescono a
trovare una loro identità, una loro dimensione umana. Sono per lo più
estensioni incontrollabili non sottomesse a quei criteri di valore cui facevo
riferimento, e che perciò generano zone prive di identità in cui molto spesso
sul "modo di vita" si impone l’incubo della "malavita". Le
autorità delle città non possono rifiutarsi di riconoscere come assolutamente
pertinente questo metodo di approccio basato sui valori.E se a Napoli il
suo "valore essenziale"- costituito dal suo ordine interiore -
riesce ad affermarsi sul disordine esteriore collegandosi e
costituendosi come esempio per le altre città del Mediterraneo, ecco che Napoli
potrà assurgere al ruolo di centro e di punto di riferimento essenziale. La
storia di Napoli, per secoli, è stata caratterizzata da una parabola
discontinua. I parametri dell’ordinarietà e della normalità sono
saltati completamente perchè quasi sempre il riferimento "normale"
veniva rapportato ad una qualità di vita molto bassa: lo stupore che si
verificava in occasione di eventi positivi appariva molto amplificato rispetto
al parametro reale; al contrario, lo sdegno scaturente da eventi negativi
veniva molto ridimensionato.E’ indispensabile che una città come Napoli,
abituata a viaggiare su un diagramma di picchi alti e bassi, non scivoli più in
basso come nel passato.
Un
capitolo a parte è quello dei centri storici che sono diventati delle
"isole" all’interno delle città: isole che perdono tutte le loro
caratteristiche man mano che ci si allontana dal centro. Uno dei grandi
problemi è appunto quello di "ricentrare" le città, tenendo conto del
loro progressivo ampliamento. Il centro storico è costituito di muri e di case:
ma è fatto soprattutto dalla gente. Non bisogna cadere nel tranello del
risanamento radicale dei centri storici, perchè se si rompe il delicato
equilibrio tra gente e case sarà difficile recuperarlo: assisteremo allora,
impotenti, alla scomparsa del valore dello spazio e dell’ordine
interiore prima citato.
A Napoli
lo spazio non è solo misura ma è anche un valore che dipende dal fatto che
nessuno l’ha pensato così com’è: esso è frutto della stratificazione di
migliaia d’anni di storia. La bellezza di una città è racchiusa nel
materializzarsi di infinite storie.Oggi è indispensabile introdurre i valori
nel concetto di spazio, è indispensabile "recuperare" la Storia.Sulla
qualità di vita degli spazi delle città si giocherà la partita del terzo
millennio: se Napoli si concentra su se stessa, se da "oggetto"
diviene finalmente il "soggetto" della propria politica, costituirà
un punto di riferimento e un centro per un nuovo Mediterraneo fatto di pace, di
sviluppo e di prosperità.
Io non
sono uno storico e non posso azzardare previsioni: sono un modesto lettore del
concreto, delle pietre e del mare, e, in quanto napoletano, lettore "di
parte". Voglio solo dire che sono fiero della mia città a cui auguro di
vincere questa difficile scommessa. E’
un’impresa notevole che richiede soprattutto un grande impegno, un grande
sforzo, una grande umiltà e il coraggio di abbandonare un vecchio modo di
pensare, un vecchio modo campanilistico di chiudersi in se stessi, un vecchio
modo di vivere solo la propria particolarità, un vecchio modo di non volersi
misurare con nuove esperienze e nuove relazioni. La corsa è iniziata: Napoli
non è ancora in prima linea. Barcellona, per esempio, ed alcune altre città
sono estremamente più avanti: ma Napoli ha in sè tutte le energie per risalire
rapidamente le vette.
La Fondazione Laboratorio Mediterraneo mette a
disposizione tutte le proprie energie per realizzare questa meritata ambizione
e direi uno strumento indispensabile : la sede centrale dell’Accademia
del Mediterraneo e della Maison de la Méditerranée, aperta
ufficialmente il 22 giugno 2002 nell’edificio dell’ex Grand Hotel de
Londres.Quasi dieci anni di lavoro – iniziato proprio in questa sala - per
realizzare un sogno: restituire al Mediterraneo la sua centralità con la
creazione della Casa delle genti del
Mediterraneo.
Un luogo dove la capacità di relazione si coniuga con solidarietà e responsabilità;
una struttura che sviluppa le parti condivise delle diverse culture al fine di
ampliarle nella reciproca comprensione.
La capacità di relazione
è, infatti, ciò che, nel tempo simultaneo del globale, consente uno spazio che
si oppone alla guerra permanente e che, ripensando ai rapporti economici tra
mondo sviluppato e paesi poveri, contribuisce alla libertà di scelta e di
azione politica per tutti, alla affermazione della democrazia e dei diritti
universali.
Un luogo che consente
l’esercizio di coerenza e di connessione e che, intercedendo tra elementi diversi, sviluppa azioni
condivise: uno strumento per ripensare la
politica e sviluppare un nuovo pensiero della comunità, libero dalla
cartografia delle nazioni, non ridotta
alla distintività delle appartenenze identitarie, per costruire un luogo che esprima il
primato della cittadinanza per donne e uomini e affermi la funzione della
relazione e della solidarietà.
Necessita sempre oggi più costruire legami a valore etico sia a livello locale che globale.
La fiducia nella propria comunità e nelle potenzialità del genere umano è ciò
che costituisce il patrimonio che l’umanità di oggi deve custodire e tutelare.
Pertanto, sempre più, il
patrimonio del Mediterraneo non è solo
nella storia del passato, ma anche
nella capacità di guardare al futuro, guidati dalla speranza.
L’ architettura istituzionale della MAISON DE LA MEDITERRANEE, con le Sedi nei vari Paesi euromediterranei e con la sua dote costituita dalla “summa” di tutte le istituzioni e gli organismi che vi hanno aderito e con la significativa costruzione dell’opera già svolta, costituisce lo strumento insostituibile di tale processo.
E’ ormai tempo di attivare iniziative concrete e non più perseguire ipotesi di mera fattibilità; parafrasando un linguaggio sanitario è ora di passare alla cura evitando inutili e ripetitive proposte di nuove tecniche di diagnosi.
La proposta della Maison
de la Méditerranée è, pertanto, uno strumento operativo con una modalità
organizzativa orizzontale e reticolare che ne permette la realizzazione
attraverso l’attuazione di progetti che vedono protagonisti i partner
sostenitori in essi attivi,così che il senso di titolarità, appartenenza e
padronanza del processo da parte di tutti
ne venga rafforzato.
In coincidenza con il semestre di Presidenza italiana dell’Unione
europea (luglio-dicembre 2003), proprio per rafforzare il ruolo di Napoli quale
“riferimento primario” per il Mediterraneo, l’AdM e MdM riconosce l’impegno della Regione Campania che già
si è attivata, a fare di Napoli e della
Campania – con le altre sedi tematiche già istituite in altre Città,
quali Benevento, Caserta, Avellino, Salerno, Ercolano, ecc. – il luogo
strutturale permanente per il Partenariato euromediterraneo attraverso tre
azioni significative:
1.
La realizzazione a Napoli e in Campania, durante il
secondo semestre del 2003, del “Forum Civile Euromed”, che – proseguendo sul
tracciato dell’analogo Forum svoltosi nel 1997 a Napoli grazie al sostegno
della Regione Campania e che vide la partecipazione di 2248 rappresentanti di
36 Paesi e la presentazione di 86 progetti
concreti, di cui diversi realizzati, tra cui la stessa Maison de la Méditerranée
– faccia il punto sul rapporto tra Società civile e Istituzioni attraverso
seminari internazionali tematici a scadenze periodiche nel corso di tutto il
semestre di Presidenza italiana, con un incontro finale riepilogativo e
propositivo.
2.
Lo svolgimento a Napoli della Conferenza internazionale
“Mediterraneo: cultura, politica, ed economia insieme per la pace e lo
sviluppo”, per confrontarsi su strumenti e strategie capaci di concretizzare in
equilibrio le azioni previste dai 3 volet del Processo di Barcellona.
3.
Lo svolgimento a Napoli della VI Conferenza
ministeriale euromediteranea.
Anche e soprattutto con l’AdM e MdM, Napoli potrà diventare sul serio
capitale del Mediterraneo. Ma una parte importante è affidata alla volontà
della collettività e delle istituzioni napoletane nell’esser capaci di “cantare
uniti”.
“Tutti uniti canteremo”. Ecco: in queste tre parole credo sia racchiusa
la chiave del successo dell’operazione “Napoli capitale del Mediterraneo”, dove
il “cantare uniti” sta a significare che, quando le difficoltà del momento o un
particolare momento storico lo richiedono, è indispensabile fare “quadrato”
insieme, per vincere una delle tante battaglie per il futuro di Napoli e del
Mediterraneo.Solo quando grandi e prestigiosi istituzioni napoletane - quali
l’Istituto che ci ospita, le Università, le Fondazioni, gli istituti economici
e di ricerca e tutti gli organismi che hanno dimostrato serietà nel fare –
sapranno “cantare insieme” evitando di rinchiudersi nel proprio “particolare”,
il punto interrogativo potrà essere tolto e la nostra città essere, seriamente
e unanimemente riconosciuta come capitale del Mediterraneo.
La Fondazione Laboratorio Mediterraneo, per sua parte, mette a
disposizione una rete attiva di partenariato e la Maison de la Méditerranée :
il luogo fisico, politico e culturale in cui amplificare e valorizzare questo
nostro, ormai indispensabile, “canto
comune”.