Dott. José Vidal Beneyto
Consigliere Speciale del Direttore Generale dell'Unesco
e Responsabile del Programma
Mediterraneo dell'Unesco
Grazie Signor Presidente. Sono lieto di partecipare ancora
una volta al Forum Civile Euromed in nome e in rappresentanza di Federico
Major, Direttore Generale dell'UNESCO, ed in quanto diretto responsabile del
programma Mediterraneo.
Questi ultimi due anni hanno confermato quello che avevamo
detto a Barcellona. La mondializzazione, divenuta la nostra realtà quotidiana,
domanda l'esistenza di spazi intermedi, spazi che siano suscettibili di servire
da piattaforma comune e di facilitare l'interazione tra il locale e il globale.
Questa funzione di mediazione, oggi così necessaria, ci riporta alle macro-aree
regionali, delle macro-aree che non possono assumere il ruolo politico, sociale
e economico che era stato loro attribuito, se non dispongono di una interiorità
eco-culturale; voglio dire se non condividono, almeno in parte e in modo
discontinuo, una stessa storia, gli stessi valori, gli stessi comportamenti, le
stesse finalità. In altre parole, se non hanno in comune un insieme di fatti e
di caratteristiche che diano loro una grande specificità e se non costituiscono
quello che noi chiamiamo un modello di società.
Il Mediterraneo è una di queste zone macro-regionali ed è un
modello di società. Alcuni potrebbero sorridere sentendo che il Mediterraneo ha
un modello di società, ma dovrebbero riflettere su qualche elemento che ora
indicherò: anzitutto le tre religioni che presiedono il nostro senso della
trascendenza; poi la nostra organizzazione dello spazio urbano. Quando dico
"nostro" intendo "mediterraneo"; non bisogna dimenticare
che all'UNESCO noi non possiamo essere euromediterranei, come non possiamo
essere arabomediterranei o islamomediterranei, noi siamo semplicemente
mediterranei. Parlavo quindi dell'organizzazione mediterranea dello spazio
urbano: il suk, l'agorà, la plaza real etc.; parlavo del
senso dell'onore che è proprio del Mediterraneo, parlavo del modo con cui ci
alimentiamo e che ha originato la celebre dieta mediterranea, oggi seguita
anche nei Paesi nordici e negli Stati Uniti. Parlavo del nostro modo di essere
cittadini che trova le sue radici in un senso comunitario che non ha niente a
che vedere con il senso comunitario dell'Europa del nord, l'Europa dei
protestanti e che non può che essere legato a quella concezione che abbiamo
chiamato "l'umano", "il popolo eletto", "la comunione";
è attraverso questa comunità che la nostra cittadinanza può avere un senso.
Infine la razionalità, che non è una produzione del nord; la vera razionalità,
l'autonomia della ragione è la razionalità mediterranea, che ha presieduto
molti dei destini del pensiero occidentale.
Abbiamo dunque nel Mediterraneo un modello di società ed è
solo nella lealtà a questo modello che ci potremo realizzare come persone, come
popoli, come paesi, come insieme mediterraneo.
I profeti della catastrofe, che venivano dal nord, ci
avevano annunciato degli shock di civilizzazione. Ma noi abbiamo visto che
questi shock non si sono verificati nel Mediterraneo, come si prevedeva, ma si
sono avute invece delle grandi perturbazioni dei sistemi mondiali nell'Asia del
sud-est e si sono verificate non come conseguenza degli antagonismi tra
civiltà, ma come conseguenza dell'inadattamento dei processi e dei
comportamenti economico-finanziari che provenivano da altri contesti e che sono
stati trasposti ed applicati letteralmente a delle aree e a delle situazioni per
le quali non erano stati concepiti.
Uno dei grandi temi che dobbiamo trattare è quello della
vasta zona euromediterranea di libero scambio che figura all'ordine del giorno
nel processo di Barcellona. Per affrontarlo dobbiamo, a mio parere, inventare
ed attuare delle forme di mercato nuove, flessibili e allo stesso tempo
efficaci, per evitare che il libero scambio, spinto dalla sola determinazione
di un'economia esclusiva ed escludente, non degeneri in un capitalismo
selvaggio, incompatibile con uno sviluppo durevole dei Paesi del sud e dell'est
del Mediterraneo. Un capitalismo che non corrisponda in alcun modo al modello
mediterraneo di società e nemmeno, Monti lo sa meglio di chiunque altro, al
modello europeo di società, entrambi avendo in comune di considerare
indissociabile competizione e solidarietà, libertà economica e coesione
sociale.
Lo sviluppo endogeno e duraturo che noi cerchiamo nel
Mediterraneo è incompatibile con un semplice ampliamento del mercato europeo
verso il Mediterraneo, ampliamento che avrebbe degli effetti inevitabilmente
perversi che si trasformerebbero in un aggravamento della miseria, in un
peggioramento del nostro ambiente, in un aumento ancora più grave
dell'instabilità economica e sociale e un aumento della dipendenza dei dominati,
attraverso una radicalizzazione del dominio dei dominanti.
Federico Major ha l'abitudine di dire che se i problemi sono
sempre di natura economica e sociale, le risposte e le eventuali soluzioni, per
essere operative, devono avere alla base, una forte dimensione culturale; con
questo spirito il programma Mediterraneo dell'UNESCO, in opera dal 1993,
raggruppa oltre una cinquantina di reti e mobilita un numero considerevole di
attori collettivi (università, centri di ricerca, istituti culturali, accademie,
organizzazioni non governative che lavorano per la tolleranza, per la tutela
dell'ambiente etc.), articolati intorno a tre grandi temi: la cultura della
pace, lo sviluppo sostenibile e lo sradicamento, o perlomeno, la riduzione,
della povertà e dell'esclusione.
Il metodo del programma Mediterraneo è quello dei
piccoli passi e delle attuazioni concrete e immediate, perché non si tratta di
accumulare annunci ad effetto, cioè non si tratta di annunciare semplicemente
per una volta e ancora una volta quello che faremo senza mai cominciare a
farlo. Vi darò un solo esempio: nella serata di ieri abbiamo avuto una riunione
con una quindicina di rettori membri della Comunità delle Università
mediterranee nel quadro del programma Mediterraneo dell'UNESCO; abbiamo
attuato quattro reti d'insegnamento intorno a quattro settori diversi in modo
estremamente modesto, ma con la decisione di cominciare subito; già nel '98 ci
saranno scuole estive, corsi, attività di insegnamento e una delle materie sarà
la formazione alla gestione d'impresa, business administration.
Noi siamo tutti d'accordo, colleghi del nord e del sud, nel
dire che il nostro business administration training non avrà come
destinatari attori delle grandi multinazionali; abbiamo pochissime grosse
multinazionali nel Mediterraneo, i nostri destinatari privilegiati sono i
responsabili, i proprietari delle grandi, piccole e medie imprese, che formano
un tessuto compatto e decisivo per la riuscita e lo sviluppo sostenibile del
Mediterraneo.
Termino con queste parole che riguardano la costruzione europea e che sono state attribuite a Jean Monet; egli non le ha pronunciate, ma avrebbe potuto farlo "se bisognasse ricominciare, io ricomincerei dalla cultura". Nel Mediterraneo cominciamo dalla cultura, l'ambiente, l'educazione, la scienza, la comunicazione, la solidarietà. Mobilitiamo le nostre Società Civili, chiamiamo al protagonismo gli autori individuali e collettivi poiché, come diceva il generale De Gaulle, "l'intendente seguirà". Ecco la nostra sfida, ecco la nostra speranza in cui l'UNESCO si impegna irreversibilmente.