Prof. Predrag Matvejevic;

Presidente del Comitato Scientifico Internazionale
e membro del Comitato Esecutivo della Fondazione Laboratorio Mediterraneo

Grazie signor Presidente. Volevo parlare in lingua francese, ma tuttavia credo che alla fine sia giusto che parli in italiano. Ho osservato la pazienza straordinaria di questi giovani che sono qui e che hanno ascoltato tutte le relazioni. Consentitemi di fare in modo che questa breve conclusione, anche se non è una vera e propria conclusione perché è difficile trarre delle conclusioni da un processo così importante, sia solo una sorta di messa a punto di questi problemi. Alcuni di voi hanno già più volte sentito i miei exposées in francese — in questa città c'è una grandissima tradizione mediterranea —, e io ci tengo a rivolgermi ai miei concittadini italiani nella loro lingua, nel loro idioma. Alla fine, apprezzando la vostra pazienza straordinaria mostrata lungo il corso di questi interventi, voglio dunque dirvi alcune parole in italiano.

Carissimi amici, questo nostro incontro non è un convegno ordinario; di convegni se ne fanno ogni giorno e dappertutto nell'area mediterranea, forse ogni settimana si tiene un convegno più o meno importante. Qui si tratta di fare in modo che soggetti di varie nazionalità, di varie culture, di varie fedi, di paesi in conflitto fra di loro si incontrino, e non a caso abbiamo scelto Napoli. Storicamente Napoli è una delle capitali del Mediterraneo; è una città dove si sono incrociate diverse culture, dove sono venuti i Fenici prima dei Greci, e poi tutti gli altri. Voi lo sapete, è una città di grandissima verticalità, di tanti strati, in cui occorre parlare del Mediterraneo; e occorre farlo per varie ragioni.

Questo nostro incontro viene dopo quello organizzato due anni fa a Barcellona, in cui si è parlato del Mediterraneo, seguito poi dal Portolano degli scambi preparato dal mio amico poeta Aziza, rettore dell'Università Euro-Mediterranea Itinerante di Parigi, e dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo. Le edizioni precedenti del programma si sono tenute ad Alessandria e ad Ajaccio, in Corsica, e dunque noi seguiamo un processo già iniziato e che vogliamo, in qualche modo, porre in evidenza e perseguire. Tuttavia ci sono delle critiche che vanno fatte ora: siamo testimoni del fatto che si sta creando una Europa senza il Mediterraneo, senza la culla dell'Europa. Abbiamo osservato le minute delle varie riunioni del Parlamento Europeo a Bruxelles, a Strasburgo, a Lussemburgo e così via, e la parola Mediterraneo fino a due anni fa era menzionata molto raramente. Ci chiediamo, a questo punto, se si possa costruire l'Europa senza la culla dell'Europa. Avete ascoltato questi interventi durante i quali si parlava proprio delle origini, delle fonti della cultura europea nel Mediterraneo, e siamo testimoni di qualche cosa che forse è una inversione di tendenza storica. E dunque ci sembra importantissimo, in questo momento, attualizzare la problematica mediterranea. Dopo la conferenza di Barcellona, l'Europa ha deciso di aiutare il Mediterraneo: sono stati stanziati undicimila miliardi di aiuti per tutti i Paesi mediterranei, dell'una e dell'altra sponda. Bisogna, infatti, sbarazzarsi di questa abitudine europea di parlare del Mediterraneo e di pensare soltanto alla sponda settentrionale: il Mediterraneo ha anche un'altra sponda, quella dell'Africa, quella del Maghreb. Di questo modesto aiuto votato dopo Barcellona forse solo il 20% è stato speso; ci troviamo senz'altro di fronte ad un atteggiamento parsimonioso dell'Europa, e probabilmente anche il Mediterraneo non ha fiducia e per questo motivo non ha presentato molti programmi; la mancanza di credibilità nasce dal fatto che la realizzazione di altri programmi finora ci ha deluso. Non dimentichiamo l'esistenza di programmi elaborati in varie città: Marsiglia, Napoli, Venezia, Malta, Spalato, Barcellona, ed inoltre un piano redatto in Francia da specialisti. Abbiamo potuto constatare che di questi programmi rimane pochissimo e pochissimo è stato fatto. Forse è dovuta proprio a questa mancanza di fiducia la mancata partecipazione del Mediterraneo al concorso indetto dall'Europa; d'altra parte, l'Europa potrebbe aver fatto questo gesto solo per tranquillizzare la propria coscienza.

Qui si inserisce, cari amici, questo nostro sforzo avviato da oltre tre anni con la Fondazione Laboratorio Mediterraneo: è iniziato qui a Napoli, e non a caso abbiamo scelto nuovamente Napoli e non Roma, perché vogliamo essere sul mare ed essere vicini ai problemi del sud.

Il fatto di tralasciare in qualche modo il Mediterraneo e il sud si esprime in varie reazioni che sono molto gravi; da una parte sono le frustrazioni che conosce tutto il sud, sia europeo che africano e levantino; d'altra parte ci sono talvolta dei fantasmi che si esprimono sotto forma di vari movimenti, di reazioni nervose e talvolta micidiali. Di questo contesto dobbiamo tener conto; noi parliamo qui da amici con idee di pace, non dimenticando che il Mediterraneo non è una zona di pace, ma una zona che purtroppo ci offre un'immagine lontana dall'essere rassicurante. Palestina, Cipro, Maghreb, Algeria, Balcani, Bosnia, dove sono nato, sono le zone in cui infuriano diversi conflitti, e il nostro proposito sarebbe quello di fare almeno una riunione in cui tutte queste differenze, tutte queste contrapposizioni possano essere in qualche modo superate.

In questo senso vorrei aggiungere alcune cose: si è parlato qui dell'identità mediterranea ed esistono sicuramente gli elementi di una identità comune; ma esiste una grave discordanza che vorrei evidenziare. Nel Mediterraneo esiste sicuramente una forte identità dell'essere a cui non corrisponde una vera identità del fare. Non è sufficiente la sola identità dell'essere mediterraneo per trovare sbocco naturalmente in una identità del fare e questo produce sfiducia e diversi problemi con cui dobbiamo confrontarci. Questo mi sembra un problema molto importante da sottolineare quando si parla del Mediterraneo: da una parte questa sfiducia e dall'altra questa contraddizione fra una forte identità dell'essere e la mancanza di una adeguata identità del fare. Tantissimi altri problemi sono dinanzi a noi: le decisioni che concernono il Mediterraneo si prendono fuori dall'area mediterranea, anzi per quanto riguarda i Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, membri dell'Unione Europea quali la Francia, la Spagna, la Grecia e l'Italia, nessuno di essi ha avviato una politica realmente mediterranea e coerente. Al contrario, questi quattro paesi non hanno mai saputo concertare le loro politiche per poterle opporre ad una griglia di lettura che viene dal continente che è piuttosto rigida e che non è in grado di leggere i problemi del Mediterraneo. Con questo non voglio dire niente contro il continente: ha la sua storia, la sua diversità che rispetto; ma se neanche fra questi paesi si riesce ad individuare un'unica linea di concertazione come ci si può opporre ad una lettura imposta da lontano? Come unirci intorno al bacino mediterraneo? Qui vedo un grave problema.

Per quanto riguarda i Paesi dell'Africa e i Paesi maghrebini, vorrei sapere perché l'unico problema che si pone la politica europea è quello di quei poveri immigrati che sulle piazze mediterranee vendono accendini e altre piccole cose. È questo l'unico modo di affrontare la problematica dei rapporti con questo mondo che ha una cultura, una specificità, una volontà? Sicuramente no, e anche lì non abbiamo visto una politica coerente, una politica concertata, una politica positiva nei confronti di questi paesi. Anche lì, fra le due sponde, non c'è un vero dialogo; si inventano ogni tanto parole passe-partout, il partenariato per esempio: ma deve crearsi un partenariato in cui tutti siano uguali; tuttavia sappiamo che in varie zone questo partenariato non si può costruire, è dunque un modo per evitare i problemi veri.

Qui a Napoli mi sembra il contesto giusto per sviluppare il dialogo e affrontare queste tematiche.

Per quanto riguarda l'Italia voglio dire alcune cose. Da qualche anno vivo in questo paese dopo essere giunto da un Paese dell'Est, dopo aver percorso quasi tutti i Paesi del Mediterraneo; non sono stato in Albania perché i cittadini della ex Jugoslavia sotto il regime non potevano entrare in Albania. Sono stato tantissime volte nei Paesi arabi e ho notato dei problemi sui quali voglio aggiungere alcune cose. L'Italia, geograficamente, sembra essere un promontorio dell'Europa nel Mediterraneo. Purtroppo questo paese, in cui sono venuto per amore, non ha una politica mediterranea; ha tantissime divergenze e non sempre riesce a concordare progetti che riguardano il Mediterraneo, anche se in questo momento mi sembra che l'Italia sia più credibile di altri paesi. Il colonialismo italiano fu una farsa, come sapete, e non ci sono le ostili reazioni che si manifestano nei confronti del colonialismo francese, per esempio. Tutto ciò l'ho potuto constatare in questi ultimi tempi. Sono stato recentemente in Macedonia e nel Montenegro. Un montenegrino disse: "Noi abbiamo dato una regina, Elena, la più bella delle regine italiane all'Italia". Sono stato in Tunisia e da ex professore di letteratura francese sono stato colpito dal fatto che molti tunisini parlano più l'italiano che il francese. E infatti, come diceva Paul Valéry prima citato, l'Europa è una penisola dell'Asia, e l'Italia è una penisola dell'Europa, un promontorio dell'Europa immerso in questo mare.

Mi rivolgo agli amici italiani, ai concittadini italiani: il nostro vero posto è in un'Europa che si proietta nel Mediterraneo, e ciò finora non è accaduto.

Speriamo di poterlo dire ad uomini di buona volontà, al Presidente della Repubblica Italiana che ci onora della sua presenza, ed è sicuramente consapevole del fatto che proprio l'Italia potrebbe essere questo ponte, (qantara dicono gli amici arabi la parola ponte), nei confronti del Mediterraneo; ed è per questo che siamo qui a Napoli. Vado spesso in Sicilia, e quando faccio delle passeggiate a Palermo mi sembra di poter riconoscere le origini di alcuni siciliani; osservo questi bei visi arabi da una parte, mentre dall'altra si vedono quelli venuti un tempo dalla Svevia. Qui, nel Sud d'Italia, si sono incontrate le millenarie culture, ed è qui che abbiamo voluto creare, non senza difficoltà, la Fondazione Laboratorio Mediterraneo.

Dovete sapere che molti degli sforzi che sono stati necessari per organizzare questo Forum sono sforzi privati, poiché in questo grandissimo convegno solo una piccola percentuale dei costi è sovvenzionata dalla Commissione Europea e da alcune Regioni italiane. Il 60% dei costi occorsi per riunire oltre 2000 persone provenienti da 36 Paesi deriva dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo che ha organizzato tutto questo con l'aiuto di molti di noi che la sostengono. Forse nel Mediterraneo si sono sempre fatte le cose grandi con la spinta di risorse individuali: la nozione di individualità è nata qui, dalla particolarità. Voglio concludere con una esperienza che proviene dai percorsi attraverso tutto il Mediterraneo, è un amore uguale che concerne non solo le sponde del nord e del sud, ma anche le sponde del ponente e del levante. Abbiamo parlato dell'identità e abbiamo visto come è spaccata, ma bisogna parlarne anche in altri termini. Rispettiamo le particolarità di tutte le fedi, di tutte le nazioni, di tutte le culture, di tutte le componenti che fanno parte di questo grande concerto delle culture mediterranee, ma bisogna sapere che ogni particolarità non è un valore; ci sono delle particolarità che si possono affermare e confermare come valori, e ci sono le particolarità che scivolano verso i particolarismi. Bisogna vedere quali particolarità possono esserci utili, con quali particolarità possiamo andare avanti, con quali particolarità possiamo collaborare, dialogare e quali sono le particolarità inferiori che dobbiamo lasciare a casa, e anche su questo occorre dialogare.

Il nostro secolo, che adesso si avvicina alla fine, ci ha lasciato un terzo termine che ci serve nella nostra operazione, la differenza; ci siamo abituati a rispettare le differenze, ma ci sono anche le differenze che sono fine a se stesse, troppo particolaristiche e che distruggono le forme di solidarietà. Dunque, accettando quello che il nostro secolo ha portato, queste riflessioni sull'identità, sulla particolarità, sulla differenza, bisogna esprimere alcuni moniti, bisogna tener conto della differenza tra l'identità dell'essere e quella del fare e infine ci sono le differenze che possono distruggere le forme di solidarietà. Dunque, occorre aprire nuovi discorsi che potrebbero aiutare anche i politici a cui mancano nuove idee, che si servono talvolta di questi passe-partout di cui ho parlato, e che non sono in grado di fare avanzare il discorso sul Mediterraneo.

Questo è il compito degli intellettuali che si incontrano qui, e ripeto ancora una volta, è un incontro e non un convegno. Tuttavia, credo che sarà molto più utile, molto più fecondo per le parole che forse non saranno dette qui, dalla tribuna, da questa tavola centrale, ma che saranno scambiate tra i partecipanti di questo nostro incontro che saluto. Desidero salutare, nello stesso tempo, i presenti e la città di Napoli che ci offre le sue grandi porte della storia e del passato. Grazie.

Prof. Nadir M. Aziza

Il calore del vostro applauso è migliore di qualsiasi commento e di qualsiasi ringraziamento fatto al nostro pescatore di perle, il nostro amico di sempre. Vorrei ora, prima di chiudere questa prima seduta di inaugurazione del II Forum Civile Euromed, dirvi poche cose per indicare la genesi di questa tavola rotonda che è appena finita; con Michele Capasso, Predrag Matvejevic:, Claudio Azzolini e Caterina Arcidiacono, avevamo pensato di fare questa tavola rotonda per avviare il II Forum Civile Euromed: non ha provocato discussione fra di noi; eravamo tutti d'accordo sul fatto di avviare questo tentativo, di definire intellettualmente ciò che significa pensare il Mediterraneo, perché la preoccupazione di qualsiasi uomo d'azione dovrebbe essere innanzitutto di riflessione. Noi abbiamo cercato di correggere le definizioni carenti, a volte incomplete, facendo un giro d'orizzonte, il più globale possibile, di questa sinergia che è fondatrice dell'identità mediterranea. Poiché storicamente la prima influenza è stata dell'Egitto, avevamo pensato di chiedere ad un importantissimo egittologo di fama internazionale di intervenire su questo punto, e abbiamo pensato quindi immediatamente a Jean Leclant, ma abbiamo notato che egli era anche il segretario permanente dell'Accademia delle Iscrizioni e delle Lettere dell'Istituto di Francia. Grazie a lui abbiamo avuto questa idea un po' folle, ma noi come gli argonauti eravamo alla ricerca del vello d'oro e alla ricerca delle fonti del sapere, quindi con il coraggio, con l'audacia, la temerarietà degli incoscienti abbiamo deciso, tenendo conto che c'era un accordo unanime sulla partecipazione di Leclant, di ricorrere alle accademie del Mediterraneo per affrontare questo argomento. Invece di fare una riunione formale delle accademie del Mediterraneo, che purtroppo non hanno nessuna relazione fra di loro, tranne alcune rarissime eccezioni, e non esistendo neppure un annuario, un repertorio di queste accademie del Mediterraneo, abbiamo tentato di attuare questa ipotesi un po' temeraria.

Ma possiamo modestamente congratularci con noi stessi per aver potuto assistere, oggi, ad un avvenimento importante, perché non meno di otto accademie euromediterranee sono intorno a questo tavolo, l'Accademia dei Lincei, l'Accademia di Istruzione di Francia, quella di Atene, di Israele, l'Accademia Reale della Giordania, quella del Regno del Marocco, della Repubblica Macedonia, di Alicarnasso della Turchia e quella di Francia che sono riunite qui intorno a questo tavolo e che hanno unito i loro sforzi per animare questa tavola rotonda, che ha appunto permesso di fondare un pensiero del Mediterraneo.

E credo che si tratti di una prima realizzazione a cui spero seguiranno delle altre, poiché credo che si debba assolutamente cercare di creare un organo di coordinamento fra ciò che sono in fondo le istituzioni più prestigiose della cultura e della scienza nel Mediterraneo, le accademie appunto. Sapete che questo compito è molto difficile; il migliore omaggio, che io conosca e che è stato reso al Mediterraneo, è stato reso proprio da una scrittrice del nord, che è stata anche la prima donna accademica di Francia, Marguerite Yourcenar, l'autrice ammirabile di tanti capolavori, con cui ho avuto una fitta corrispondenza e da cui traggo questa frase superba: "L'umanità è destinata a sopravvivere e la civiltà di domani, come fu quella di ieri, sarà ovviamente costruita sulle linee delle grandi tradizioni umanistiche e classiche mediterranee". Credo anche che questa parola Mediterraneo, parola strettamente geografica, non tolga a questo concetto la sua connotazione principale che è quella dell'universalità, e quindi si tratta di parlare di un rinascimento del binomio universalità/mediterraneità. Per questo dobbiamo lavorare, per far sì che i muri dell'integralismo e dell'intolleranza non annullino questi valori, nonostante la concorrenza economica e gli scontri ideologici esistenti. Il rinascimento europeo è largamente dovuto a una mediazione arabo-ebraica come l'Andalusia e la Sicilia mostrano. Quindi questo è solo un inizio, e corrisponde all'inizio del II Forum Civile euromediterraneo. Per terminare, prima di chiudere questa sessione, devo cogliere la sfida che è stata lanciata dal mio amico Matvejevic:, poiché io sono tunisino: egli ha segnalato un effettivo deficit della pratica della lingua italiana in Tunisia a vantaggio dei francesi, ma io terminerò in italiano dicendo: grazie ed arrivederci.