INTERVENTO DI PREDRAG MATVEJEVIC’ ALL’INAUGURAZIONE DELLA SEDE CENTRALE DELL’ACCADEMIA DEL MEDITERRANEO E MAISON DE LA MEDITERRANEE
sono commosso di vedere queste immagini; sono un compagno di strada di questa impresa e, infatti, sono entrato in quest’impresa da doppio emigrato e questo non è senza importanza quando si parla di Mediterraneo.Sono figlio di un russo emigrato dalla Russia nel 1920 ed io anche emigrai dalla ex Jugoslavia in guerra. E dunque questo mi diede forse una sensibilità particolare nel vedere un mondo in cui ci sono tanti emigrati, in cui l’emigrazione diventa un problema maggiore. Io sono presidente del Comitato Scientifico e posso citare i nomi dei membri di questo illustre Comitato, ed uno dei nostri desideri, in un momento in cui abbiamo visto che si faceva un’Europa senza la culla dell’Europa - che è il Mediterraneo - è stato quello di fare qualcosa affinché l’Europa riprendesse la sua culla, senza la quale si presenta come una persona che vorrebbe essere senza la sua infanzia, senza la sua adolescenza. E questo era il primo scopo.
La seconda cosa concerne il
Mediterraneo in quanto tale e che abbiamo potuto constatare tanti di noi, collaboratori di quest’impresa diretta da Michele
Capasso con un’energia straordinaria napoletana, e alla quale abbiamo voluto
reagire. Nel Mediterraneo stesso esiste una grandissima identità dell’essere e
una scarsa identità del fare. Ogni città mediterranea ha una grandissima
identità: varie lingue, vari modi di capire, di dire, vari modi di vivere e via
dicendo, e questa è un’identità dell’essere rispetto alla quale c’è una scarsa
identità del fare. Non si riesce a progettare questa forza dell’identità
mediterranea. E questo vale per tutto il Mediterraneo; vale per il Sud
dell’Europa che si affaccia sul Mediterraneo e vale per la sponda opposta.
Unire questa forza dell’identità dell’essere e dell’identità del fare. Sono
tanti gli scopi e non posso enumerarli tutti; ma voglio dire alcuni degli ultimi
e che sono dinanzi a noi. Dopo la tragedia del terrorismo dell’11 settembre
dell’anno scorso, ci siamo confrontati con un fenomeno che ci sembrava
pericolosissimo. Abbiamo visto che alcuni vogliono identificare le cose che non
possono e non vanno identificate.
L’Islam e l’Islamismo non sono
la stessa cosa; l’Islamismo e il fondamentalismo non sono la stessa cosa e li
vediamo sempre identificare. Anzi nel fondamentalismo stesso c’è una differenza
tra un fondamentalismo mistico e un fondamentalismo militante,
terrorista che va giudicato e che noi non possiamo abbattere senza l’aiuto dei
paesi islamici che ne soffrono più che noi stessi.
E ci siamo resi conto che
occorre assolutamente un’attività e, infatti, riuniti in questa Accademia di
tutte le nazionalità , dalla sponda nord alla sponda sud, ci siamo trovati un
po’ più forti per manifestare la nostra opposizione. Un’ultimissima cosa che ci
sembra importantissima e con la quale si è confrontato il Comitato Scientifico
del Laboratorio Mediterraneo e,adesso, dell’accademia del Mediterraneo: abbiamo
visto teorie che non hanno niente a che fare , che non conoscono la storia del
Mediterraneo. Dire che nell’avvenire
dovremmo vivere dei conflitti delle civiltà, delle civilizzazioni delle culture
è un errore fondamentale, tanto più che alcuni tiranni dei Balcani agitavano
questa teoria che è venuta dagli Stati Uniti e che non è stata criticata come
doveva essere. Non si scontrano le culture! Si scontrano le culture alienate in
ideologie che funzionano in quanto ideologie. Questo fenomeno lo abbiamo visto
negli anni ’30 in Germania, in Italia, in Spagna, quando grandi spazi delle
culture nazionali diventavano ideologie delle nazioni, e sono state ideologie
che si sono scontrate. Abbiamo visto come tutto lo spazio culturale in
Germania, una grandissima cultura, era preso dall’ideologia; l’abbiamo visto in
altro modo nello stalinismo e nella cultura russa, che è anch’essa una
grandissima cultura. Occorre, dunque, un grande sforzo per opporsi a questa
falsificazione : non si tratta di conflitto delle culture in quanto tali, si
scontrano le ideologie che usano e abusano delle culture. E per darvi un’idea
dei nostri compiti – e ce ne sono tanti – e mi scuso per aver potuto solo dire
di alcuni, abbiamo dovuto avere un posto per riunirci, una casa. Adesso abbiamo
questa casa, siamo qui.
Un’ultimissima cosa da un nuovo
cittadino italiano – sono diventato cittadino italiano soltanto 6 anni fa - :
un accenno critico. Questo Paese è tutto immerso nel Mare Mediterraneo, ma non aveva nessuna istituzione nazionale che
coinvolgesse, che riprendesse tutte le diverse attività talvolta molto
produttive, molto ispirate.Questo lusso l’Italia può permetterselo e, perciò
un’altra cosa che da straniero posso dire, è che l’Italia non si rende conto di
quanta credibilità gode nel mondo. Sono stato recentemente in Tunisia dove
l’italiano sta diventando la prima lingua straniera più del francese; sono
stato recentemente in Albania, in Bosnia da dove provengo, e dove gli Italiani erano, durante la Seconda Guerra Mondiale,
occupanti; nonostante ciò nessuno ha percepito un soldato italiano che è venuto
lì come un ex occupante. Questa credibilità che ha l’Italia, purtroppo per
tanti anni l’Italia non ha saputo servirsene. Noi vogliamo servircene in un
modo molto particolare: culturale. Questo Paese con una lunga cultura
mediterranea, questa città che ha tutto per essere una delle capitali del
Mediterraneo , ha questa possibilità di esserlo e noi siamo qui riuniti in
questo nostro lavoro un po’ sconosciuto, talvolta sprezzato, talvolta visto con
una diffidenza molto comune che molti italiani hanno talvolta senza saperlo, è
stato rifiutato. “Ma cosa fanno?” “Questo non si fa!”
Adesso ci sono le prove
concrete, voglio ringraziare quelli che dal primo momento, quando non eravamo
credibili neanche noi, ci hanno aiutato: il Sindaco di allora Bassolino, alcuni
altri amici che vedo qui e, adesso che abbiamo una prova, credo che
quest’Accademia può avere un ruolo molto importante nel Mediterraneo e credo
che il Mediterraneo ne abbia bisogno.
Grazie.